Primo De Lazzari

Aspetti politici e sociali dell'autogoverno della Zona Libera partigiana della Carnia


Non erano passate che 12 ore dall’armistizio che precipitava l’Italia nel caos - dal quale solo un anno e mezzo di dura, straziante lotta partigiana poteva moralmente e idealmente risollevarla - che il gover•natore tedesco del cosiddetto Litorale Adriatico, Friedrich Rainer, mandava un messaggio al ministro degli esteri von Ribbentrop. Nel messaggio il governatore del Litorale (il nuovo territorio inventato da Hitler che annetteva di fatto alla Germania il Friuli, la Venezia Giulia e Lubiana, senza che i fascisti italiani, sia rilevato per inciso, alzassero un lamento per la mutilazione di tanto territorio italiano) delineava le radici pratiche della politica nazista verso il Friuli. Una politica così sfacciatamente annessionistica che, per opposta reazione, costituirà causa non secondaria della massiccia opposizione dei Friulani e l’insor•gere di una resistenza estesa quali poche altre regioni italiane hanno conosciuto.
Certo essa è alla base della creazione delle Zone libere partigiane della Carnia e del Friuli orientale.
Tentando spregiudicatamente la vecchia e cinica carta - cara agli odiati inglesi delle colonie - del «divide et impera», Rainer sostiene che il Friuli non può essere ritenuto territorio italiano in quanto, secondo lui, i 700.000 abitanti sono 200.000 slavi, 100.000 italiani autentici e circa 400.000 Furlanem che in maggioranza non praticano la lingua italiana.
Il Gauleiter, interpretando a suo modo note teorie di studiosi, tenen•do ben presenti le teorie razziste del nazismo e, per quanto riguardava la volontà del Reich di annettersi la zona dell’Adriatisches Küstenland, definiva Romandi i «furlanern» come le genti dei Grigioni e i Ladini dolomitici. Era naturale che Rainer fosse interessato a sostenere che molti friulani erano favorevoli al sistema tedesco e assai critici verso l'amministrazione italiana.
La risposta data dai friulani a simili farneticazioni è nota. La creazione della Zona libera della Carnia e del Friuli, al culmine del movimen•to di liberazione nell’estate '44, ne costituisce l’aspetto più significativo.
Va tenuto presente infatti che la Zona libera, nel disegno nazionale della Resistenza italiana, era perfettamente inserita. La Zona Libera carnica non può essere isolata dal grande (a volte sofferto) dibattito avviato nel complesso generale della Resistenza fin dalla primavera del '44 circa l’opportunità - a condizioni minime date - di creare liberi territori partigiani, liberamente amministrati e diretti con il consenso delle popolazioni locali e limitrofe, condizioni indispensabili per resi•stenza degli stessi territori.
È in tale contesto che fin dal marzo del '44 (a tutto luglio) ha vita il libero territorio partigiano dell’Umbria (Cascia, Leonessa, Monteleo- ne, Valle di Ferentillo) seguito da quelli della Val d'Enza, della Val Ceno, Val Taro, Montefiorino in Emilia e ancora della Valsesia, Val Varaita, Valle d’Aosta, Bobbio, Valli di Lanzo, Friuli orientale. Per non parlare delle repubbliche dell’Ossola, di Imperia, delle Langhe, dell’Alto Monferrato, di Varzi, di Alba che precedono o seguono la creazione e la vita della repubblica carnica; un territorio - a differenza di altri - che ha fin dai momenti ispiratori forti connotazioni regionali e autonomiste specie nei confronti del vecchio ordinamento accentrato- re del regno italiano. Ma pur avendo queste connotazioni esso non si pose mai in contrapposizione all’Italia e agli italiani vicini. L’Italia - bisogna però precisare - che si mostrava in modo faticato e contrastato nell’estate-autunno ’44 attraverso il dispiegarsi della Resistenza, del•l’antifascismo con un volto nuovo, moralmente esaltante, capace di rinnovarsi. Non è casuale che il primo atto-decreto della Giunta di governo della Zona libera sia quello di comunicare a quella nuova Italia, quella rappresentata dal governo di unione nazionale insedialo al Sud, che in Carnia c’è un territoririo che si proclama sovrano, libero dai nazifascisti, appoggiato dai nativi, che riconosce nel CLN una delle fondamentali fonti della propria sovranità. Altro decreto significativo - specie da questo punto di vista - sarà quello seguente riguardante l’epurazione del personale compromesso col fascismo mediante l’istitu•zione di una speciale commissione pensata e costruita sulla falsariga della Commissione Sforza che già operava nell’Italia liberata.
Gli aspetti più originali e peculiari della zona libera della Carnia sono stati delineati con adeguate riflessioni storiografiche e da scrupolo•se ricerche scientifiche variamente rese note negli anni passati. A parte le indagini di carattere generale dello storico Massimo Legnani, basta qui richiamare le testimonianze e le riflessioni, orali e scritte, di uno dei massimi protagonisti della Resistenza friulana e nazionale, Mario Lizzero. E, su quello stesso piano, gli studi ragionati condotti da Galliano Fogar.



Mano Lizzero (Andrea), parlando al Circolo Culturale di Prato Carnico, il 9 settembre ’69, a proposito dei caratteri della Zona Libera, ritiene di poter individuare in essa una sorta di potere carnico, un potere democratico di base espresso da un organo autonomo dotato, per usare sue parole, di poteri propri e capacità di programmare anche in materia economica. Potere e organismo, quindi, che superino le angustie dei consorzi fra comuni, lo sclerotico vecchiume del notabilato conservatore che si esprimeva nelle strutture patriarcali della comunità carnica. Si tratta di un ceppo di idee - in quei momenti ancora non ben definito - e di una somma di intuizioni che ebbero nel comunista Aulo Magrini (il medico dei poveri, comandante partigiano ucciso in combattimento in Carnia) un alto pensatore e propulsore, in significati•vo collegamento, nella specifica realtà friulana del momento, con esponenti partigiani di altre tendenze.
A proposito di questi interessanti assunti - assai avanzati e arditi per l'epoca - mette conto osservare che Fogar sostiene una tesi affascinante, sembrandogli: «... in sostanza che l’idea del Magnni, che conserva una sua attualità, avesse una carica innovatrice profonda che richiamava per certi aspetti almeno l’ispirazione democratica ed autonomista del Gramsci dell’Ordine Nuovo, dei Consigli operai e dei Comitati contadi•ni. 11 Gramsci che si pone lucidamente anche il problema della questio•ne contadina in Italia, della nascita di un potere di base con i suoi comitati contadini, di villaggio, di fabbriche, dei campi, di rione» («Storia contemporanea in Friuli», n.4, 1973). È un ragionamento acuto che mi pare non abbia avuto in seguito adeguata eco e che, invece, meriterebbe di essere ripreso, verificato, senza preconcetti. Anche perchè è verosimile che su coordinate del genere si muovessero i comandanti partigiani garibaldini quando ponevano la necessità che nei CLN, ad ogni livello, venissero ammesse le rappresentanze di base quali il Fronte della Gioventù, i Comitati di difesa della donna, i Comitati contadini. È una verifica che andrebbe compiuta, sul piano scientifico e testimoniale, poiché se vi è un aspetto peculiare che domina su altri nel generale operare della Zona Libera, esso risiede nel fatto che si trattava di una realtà e di un governo quale la Carnia non aveva mai avuto. Una realtà e una articolazione nei quali la politica di fare ogni giorno e a ogni livello era una continua scelta, assurgeva a moderno principio (e qui il richiamo a Gramsci è naturale) non più delegata per fatalistica rassegnazione ai potentati tradizionali, con i quali, anzi, doveva cimentarsi in una dialettica sconosciuta e nuova. E una dialettica che ha un presupposto essenziale, ampio e originale, tale da non aver avuto eguali in nessun altro territorio libero: la sovranità, l'autonomia di decisione, la legittimità legislativa oltre che operativa che i comandanti partigiani riconoscono ai civili, al governo della Zona Libera, al CLN di zona e a quelli dei vari comuni. È un aspetto importante, questo, forse non ancora studiato in modo adeguato per scoprirne implicazioni e valenze specie sul piano politico, giacché ad esso va ricondotto non poco di quanto di avanzato ha saputo fare la GiuQta di governo emanando 03cuni decreti unici nella storia delle varie repubbliche partigiane italiane (e non solo italiane).
Cosi delineati alcuni momenti qualificanti della vita della Zona Libera carnica, resta ora qualche cenno per gli atti più significativi compiuti dalla Giunta di governo. Si tratta - senza alcun dubbio - di atti incisivi, per certi aspetti i più avanzati fra quelli elaborati e in parte applicati nelle Zone Libere che - sia detto per inciso - registrano maggiori onori di studi, di cronaca, di pubblicistica.
In via preliminare è da notare che i principali provvedimenti della Giunta di governo - a parte il quotidiano provvedere per alleviare le tremende condizioni di vita della popolazione - hanno come segno distintivo, ispiratore, un rifiuto (a volte espresso a volte sotteso) della continuità dello Stato. C’è la ricerca di forme nuove, da inventare, di gestione e legittimazione dei vari organismi attraverso i quali si esprime la sovranità del governo e della zona libera, anche se non mancano segni di pigrizie e di pratiche patriarcali, come il voto ai soli capifami•glia e l’esclusione delle donne in certi comuni. Ma la Giunta, in seguito, decreta che ogni elezione dovrà essere aperta a tutti i maggiorenni. Pratiche e mentalità nettamente condannate dalla Giunta, specie dal commissario agli interni Gino Beltrame (la cui opera, è da osservare, non ha avuto, forse, tutto il rilievo che storicamente sembra appartenergli.
Sotto questo profilo è da notare che è vero che a presiedere il Tribunale del popolo, istituito dalla Giunta e dal CLN di Zona (un organismo di alto significato e di notevole valenza) viene chiamato un magistrato di carriera, il dott. Giuliani, già presidente del Tribunale di Tolmezzo. La contraddizione, tuttavia, è più apparente che reale. Il Giuliani - esempio raro tra i giudici del tempo e della zona in particolare - gode fama di persona equa e onesta, di sentimenti demo•cratici e la Giunta di governo - dopo aver sancito che le Giurie popolari devono essere composte non da magistrati ma da «persone che riscuotano il massimo prestigio nella estimazione pubblica» - con tutta evidenza intende procedere nel delicato settore della giustizia con oculata ponderazione. I tempi erano di guerra, burrascosi, e un venten•nio di ingiustizie e di soperchierie non poteva escludere risentimenti e accuse sommarie.
Con gli innovativi concetti inerenti l'amministrazione della giustizia, due altri provvedimenti qualificano in modo del tutto originale l’opera del CLN e del governo della Zona libera: l’abolizione della pena di morte per tutti i reati civili (come non pensare subito ad una illuminata anticipazione di quanto sancirà poi la Costituzione repubblicana) e l’isituzione di una imposta straordinaria progressiva sul patrimonio che si accompagna all’abolizione delle imposte dirette e indirette e la possibilità di detrarre dall’imposta progressiva le somme versate (o l’equivalente di merci devolute) alle formazioni partigiane. 11 CLN e la Giunta precisano che ciò è stabilito volendo tener presente «l’alto valore morale dell’ofTerta volontaria prestata nel tempo della lotta patriottica».
Sono due provvedimenti, specie l’abolizione della pena di morte (e si ricordi che si è in piena guerra) rimasti unici in tutto il complesso delle repubbliche partigiane.
Alcuni altri decreti non sono di minore significato. Tali l'istituzione della Guardia del popolo, l’introduzione di un sistema atto a calmierare i prezzi, la conseguente costituzione di apposite commissioni prezzi comprendenti, come asse portante e qualificante, cinque contadini e altrettanti operai che non dovevano essere anche contadini. E il ricorso alla base, alla fonte diretta di ogni legittimità di potere, mentre non può sfuggire l’importanza della precisazione riguardante gli operai che nel contempo non devono essere contadini. Si tratta di una accortezza di rilevante portata nella specifica situazione economica della Carnia che tende, tra l’altro, a distinguere tra nuovi soggetti sociali in forma•zione dando forza e garanzie ai ceti operai di recente formazione.
Tali ancora la gestione del patrimonio boschivo, tutta finalizzata, anche a scapito di bisogni contingenti, alla salvaguardia dell’ambiente danneggiato dalla guerra e soprattutto dalle devastazioni operate dalle truppe tedesche e dalle molte migliaia di cosacchi e di collaborazionisti da essi installati in gran parte del Friuli. E il provvedimento per la riapertura delle scuole elementari e dei corsi di avviamento protessiona- le (a Paluzza e Rigolato). L’ordinanza del CLN della Zona Libera - di cui è evidente la valenza sotto ogni profilo, politico, sociale e culturale - è del 3 ottobre ’44. Essa segue (è il caso di far notare) un manifesto del Fronte della gioventù della Zona, emesso il 23 settembre, rimasto giustamente famoso anche perchè unico. Accanto agli appelli ad una prudente moderazione nell’epurazione degli insegnanti in servizio du•rante il precedente anno scolastico (tra i quali devono essere cercati i sicuri fascisti senza caccia alle streghe) il manifesto del FdG precisa, riferendosi alla raccolta di testi scolastici, che «Molto utile sarebbe il Cuore del De Amicis». Certo, oggi, non solo ai giovani, l'indicazione può indurre ad un garbato sorriso. In realtà l’esortazione è meno ingenua di quanto appaia a prima vista: dopo un ventennio di mistica della forza, di educazione allo spirito guerriero tra la gioventù, alla sopraffazione di altri popoli (non si dimentichi il motto mussoliniano) del «libro e moschetto / fascista perfetto») il libro di De Amicis diventa un testo di tutto rispetto e di apprezzabile utilità (o di pedago•gia applicata, se si vuole) a fronte della momentanea penuria di altri strumenti,
È tempo di concludere anche se altre considerazioni non sarebbero fuori luogo. Ad una, tuttavia, parrebbe non superfluo riservare un cenno. Diversi anni fa uno storico italiano disse che nelle varie Zone Libere partigiane, Giunte di governo e CLN non giunsero mai alla formulazione di un vero programma di rinnovamento organico profon•do. Non sappiamo se alla luce degli studi venuti in seguito l’uomo sia ancora di tale opinione, parecchio discutibile e tutta da verificare. È un fatto comunque che a molti sembra più verosimile e rispondente alla realtà della Zona libera carnica il pensiero di un Candido Grassi (il Verdi delle formazioni Osoppo, un uomo assai equilibrato) secondo il quale l’opera legislativa della Giunta (quantomeno) appare, usando sue parole, per certi aspetti molto più avanzata di quella di altre repubbliche partigiane.
O quello del già citato Galliano Fogar che acutamente osserva che nella Zona libera della Carnia emersero «alcune linee innovatrici... che se adottate nell’Italia del dopoguerra avrebbero reso un’almeno parziale giustizia ai ceti popolari». E amaramente conclude notando che esisteva altresi «una seria volontà politica per un rinnovamento democratico. Grande lezione per un presente in cui le riforme nascono a fatica dopo lunga e sofferta incubazione, riuscendo solo raramente ad incidere sugli equilibri di potere».
Basta guardarsi attorno - specie tra i tanti giovani delusi, scettici, lontani da ogni impegno ideale e dalla partecipazione civile - per condividere appieno una tale amarezza e misurare i guasti profondi che tutto ciò ha prodotto nelle coscienze e nel paese.

da: Storia contemporanea in Friuli, a. 14, n. 15 (1984), p. 119-124

fa parte di: La Repubblica partigiana della Carnia e del Friuli. Atti del convegno, Ampezzo, nov. 1983.