Leonardo Zanier
Ampezzo 60 anni dopo. La resistenza in Carnia |
Ampezzo: sessanta anni dopo la nascita e la morte della Repubblica libera della Carnia: un museo. Già da tempo (precisamente dal 1994: cinquant’anni dopo) sotto la tabella ufficiale con il nome del paese, ai due ingressi principali sulla statale, che lo attraversa, è stata posta una seconda tabella, molto più informativa: "Comunità montana della Carnia / Repubblica libera della Carnia / Ampezzo capitale / 1994". Tra le quattro tabelle il paese: case, chiese, stalle, alberghi, officine, negozi, osterie. Ma anche conflitti, baruffe, memoria condivisa e non. Storie dimenticate o rimosse. Ma certamente anche tanta voglia di non perdere il senso della storia, di quella storia, di quei sacrifici, di quelle scelte. Forse delle sulle tabelle del 1994 e degli sugli avvenimenti di sessant’anni fa, se ne parla ancora, nelle osterie e nelle famiglie, nelle feste e nei funerali. Tra chi c’era, tra chi li ha vissuti con sacrificio e orgoglio, magari con chi li ha osteggiati, allora, dileggiati oggi: "An robât, àn copât…" ("Hanno rubato, hanno ammazzato": riferito ai partigiani). Tra chi c’era e chi è entrato nella vita dopo o da poco. Se ne parla anche, forse, in osterie lontane dove tanta memoria partigiana è emigrata. A lungo increduli, delusi, che quella di dover di nuovo emigrare fosse la "ricompensa" il "benservito". Poche lapidi danno vaghi, evasivi segni nei cimiteri. Ma cosa dicono quelle tabelle ai giovani: ai figli, ai nipoti dei partigiani? Bastavano? Ma ora c’è questo piccolo museo che parla e racconta: condensato di memoria: scritta, visiva, materiale, che può, certamente in modo sobrio e incisivo, rendere possibile un incontro tra giovani vite senza ancora memoria e quella fase tremenda e gloriosa della storia dei carnici e della Resistenza italiana ed europea al nazi-fascismo. Perché la Zona libera e poi la sua istituzionalizzazione in Repubblica? Pensiero e opera dei soli partigiani che lì si incontrano sapendo e volendo combattere quello che sapevano già prima essere, o l'han capito durante la guerra, quale fosse il nemico vero: reduci di tanti fronti, scampati alla prigionia e alle fucilazioni, o che scelgono, i più giovani, la Resistenza anziché l’arruolamento nella RSI? Impareranno dopo. O il loro è un grande contributo che confluisce in un disegno più complesso e sottile, magari solo suggerito, che lo materializza, di strategie dove la Carnia poteva diventare una testa di ponte per l’avanzata anglo-americana verso est? Congetture? Può darsi: dalla storiografia non ne emerge traccia. Almeno fin qui. Certo che gli "alleati" ad un certo punto si materializzano, ma più come ufficiali di collegamento che come sostegno militare, e vengono paracadutati anche i rifornimenti di armi e vestiario e viveri, ma non certo in quantità e potenza tali da costituire un serio deterrente bellico. Diffidenza? Cambio di strategia? Si deve quindi ricorrere al fai da te e a cercare le armi dove ci sono: nelle caserme dei Carabinieri e della Guardia di finanza, prima, della Wehrmacht e delle SS dopo. Arrivano invece i nazi-cosacchi, cui i nazisti promettono "in comodato" la Carnia, purchè bracchino senza sosta e facciano sanguinare la Resistenza. In numero e armamenti spropositati, e travolgono tutto. E poi il fronte che, dopo Firenze, entra in affanno, ristagna, non sale. E il proclama di Alexander prima dell’inverno 1944: "Nascondete le armi e tornate a casa". Ma a casa dove? I rastrellamenti che si infittiscono e durano cruenti fino all’ultimo giorno. E l’ultimo giorno non è il 25 aprile, ma continua fino al 6 maggio.Una sorta di supplemento, di punizione ulteriore. Il museo anche come testimonianza del e per il futuro. Contro ogni revisionismo storico che pretenderebbe che tutte le scelte si equivalgono. Come se lottare per la libertà o per perpetuare il nazi-fascismo, per l’uguaglianza tra gli uomini o per la razza "superiore" "eletta" "imperiale", fossero (si aggiunge per pudore "se in buona fede") atti di patriottismo. Come avrebbe detto mia nonna: "Che il folc su traia!" ("Che il fulmine vi incenerisca") |