Il Sig. Pier Arrigo Carnier, autore di due libri sulle vicende dei cosacchi in Italia -
L'armata cosacca in Italia, De Vecchi, 1965 e Lo sterminio mancato, Mursia, 1982 - viene a conoscenza della pubblicazione in questo sito di alcuni stralci del libro di Osvaldo Fabian, Affinché resti memoria. Autobiografia di un proletario carnico, Kappa vu, 1999 - e ne rimane fortemente contrariato.
Ci scrive una lunga replica, che riproduciamo integralmente (compresa la discutibile ortografia), e che si commenta da sè.

AFFINCHÈ I CITTADINI CONOSCANO LA VERITA’ SUI FATTI DI OVARO

di PIER ARRIGO CARNIER


RESPINGO E CONTESTO ALLA RADICE GLI STRALCI BIOGRAFICI DEL PROLETARIO CARNICO OSVALDO FABIANO "ELIO" ,APPARSI IL 25.04.2005 SOTTO IL TITOLO "LA BATTAGLIA DI OVARO. LA LIBERAZIONE".
SI TRATTA DI UNO SCRITTO GRAVIDO DI VELENOSE ACREDINI E FALSITÀ DEL TUTTO IMMOTIVATE, SU CUI GRAVA IL SOSPETTO DELLA CONTRAFFAZIONE PER MANO COMUNISTA, REALIZZATA PRIMA DELLA CONSEGNA ALLA REDAZIONE EDITORIALE OD ANCHE NEL CORSO DI QUEST'ULTIMA PER AGGREDIRE IL MIO VOLUME "L'ARMATA COSACCA IN ITALIA 1944-1945" LE CUI VERITÀ SCOMODE SCOTTANO.


Sono apparsi su INTERNET, sotto la data del 25 aprile 2005, con il titolo "LA BATTAGLIA DI OVARO.LA LIBERAZIONE" degli stralci di un'autobiografia attribuita ad OSVALDO FABIAN, il cui cognome, in realtà, è FABIANO, malghese della Val Pesarina (Carnia), confinato a Ponza dal fascismo in quanto sovversivo, che personalmente conobbi e con il quale intrattenni rapporti di corrispondenza ed ebbi vari incontri e colloqui, dopo la sua liberazione che coincise con la caduta del fascismo.
Gli stralci sono preceduti dalla precisazione "Affinchè resti memoria. Autobiografia di un proletario carnico".
Suona alquanto strana, introduttivamente, l'acredine verbosa che costituisce un attacco, comunque del tutto generico in quanto privo di supporti, al mio volume "L'ARMATA COSACCA IN ITALIA 1944-1945" con la frase "" Su questo libro non mi soffermerò più che tanto se non per dire che esso è storicamente inattendibile ed è da prendersi soltanco come "romanzo" per giunta settariamente malevolo verso la Resistenza, scritto da persona che non ha vissuto quelle realtà in quanto era troppo giovane..."" .E più oltre "" Di quel libro, che è scopertamente libro di parte e favore dei nazifascisti e dei loro servi e che sicuramente a mio parere ed in toto da gettare alle ortiche, peraltro evidenzierò un solo concetto che è quello all'origine e agli sviluppi della famosa battaglia di Ovaro in ordine alla quale il Carnier ha affermato che essa si era sviluppata non per decisione del Comando delle formazioni garibaldine della Carnia e del C.L.N. locale, bensì per diverse e ben precise volontà "".
Dopo questa prima aggressione velenosa, mediocre e paesana, tipica di colui che manca di argomentazioni, nel prosieguo degli stralci biografici, il FABIANI si serve invece positivamente delle affermazioni, sostanzialmente storiche, contenute nel mio volume e non le getta alle ortiche, per corroborare le proprie e non solleva più alcuna obiezione.
La contraddizione è fin troppo palese ed è subito svelata. Basta leggere, infatti, la nota finale dove si afferma che un nipote del FABIANI, arch. Luciano Di Sopra, in una sua recente pubblicazione locale dal titolo "LE DUE GIORNATE DI OVARO", dal tenore radicalmente opposto, da quanto emerge dalla nota, alle note biografiche dello zio, comunista tutto di un pezzo come lo era in gioventù anche il nipote il quale poi, evidentemente, si è saggiamente ravveduto per spostarsi in altra posizione, ha letteralmente ignorato tale biografia pubblicata dall'editore di sinistra Kappa Vu di Udine, perche il manoscritto sarebbe stato contraffatto dai comunisti !!
Questo piccolo imprenditore malghese comunista, trattato con rispetto nel mio volume "L'ARMATA COSACCA IN ITALIA 1944-1945" ove sia lui l'autore delle richiamate considerazioni astiose e denigratorie riguardo la mia opera, che comunque amziché demolirla la innalzano e ne provano la validità (ho qualche dubbio però che lo sia) resta il modesto elemento che io conobbi, dalla mentalità operaia che, per fede comunista si era spinto durante la lotta partigiana in vicende più grandi di lui, ingrato comunque verso il riguardo da me usato nei suoi confronti nel mio libro, e ritengo per certo che, per stendere le sue affermazioni biografiche e portarle ad un punto accettabile sia ricorso a chissà quali aiuti. Diversamente se sussistono le dichiarate ed anche evidenti contraffazioni apportate da mano comunista o in sede redazionale dall'editore di sinistra, siamo di fronte al solito marciume del mondo comunista !!.
In ogni e qualsiasi caso l'aggressione introduttiva è stata fatta per colpirmi, ma in modo del tutto maldestro e rudimentale.
Sono io, invece, a riprendere ora l'argomento di OVARO, da me denunciato su piano nazionale con l'edizione, nel 1965, de "L'ARMATA GOSACCA IN ITALIA 1944-1945", volume non certo limitato a tale vicenda, mettendo in luce comunque le gravi responsabilità partigiane nei confronti della popolazione civile e in primo luogo soprattutto la collusione tra industriali della CARNIA e la formazione partigiana OSOPPO, con la partecipazione esecutiva e servile della GARIBALDI comunista, nell'insensato attacco al presidio cosacco di OVARO e con l'illusione di bloccare decine di migliaia di cosacchi in ritirata, causando la conseguente rappresaglia che costò oltre venti vittime civili,incendi e distruzioni.
Il mio volume "L'ARMATA COSACCA IN ITALIA...", edito nel 1965 dalla DE VECCHI - Milano, ebbe costanti riedizioni per essere poi assunto nel 1990, in riedizione da me ampliata, dalla MURSIA pure di Milano, nella collana storica, con successive riedizioni fino ad oggi per cui il volume è presente nelle librerie italiane. Il volume è radicato su fatti, citazioni e documenti di prima mano con l'indice contenente mille nomi oltre all'indice dei luoghi. Al dilà della mia diretta conoscenza della vicenda cosacca (avevo allora 19 anni), dure ricerche vennero da me effettuate nei decenni del dopoguerra in tutto il mondo, stante l'ignoranza totale dei partigiani sulla questione e la mancanza totale di documentazione in loco. Sul filone storico del volume la Direzione RAI-TV di ROMA ha poi realizzato nel 1984, su documenti del mio archivio e su testimonianze mie ed altre, il film-documentario "COSSACKJA" della durata di due ore mentre la Presidenza del MOVIMENTO MONDIALE DI LIBERAZIONE DEI COSACCHI (WORLD FEDERATION OF COSSACK NATIONAL LIBERATION MOVEMENT) già prima mi aveva nominato, con delega irrevocabile, rappresentante ufficiale del movimento medesimo che include i superstiti de l'Armata cosacca, per la difesa della verità storica inerente al vasto movimento di opposizione al comunismo stalinista (1941/1945). Ho fatto parte inoltre, per nomina, del Tribunale SACKAROW. Infine l'Accademia delle scienze di MOSCA ha ritenuto, di recente, di contattarmi ufficialmente tramite un suo delegato per conoscere ed acquisire il patrimonio di conoscenze dell'intera mia opera che non si limita ovviamente a "L'ARMATA COSACCA IN ITALIA"".
Io sono quindi più che documentato e non temo smentite di alcun genere, avendo affrontato il problema storico con impegno e serietà sul piano organico, e sarò io ancora a denunciare dei crimini partigiani ed anche porre meritoriamente nella giusta luce figure partigiane lasciate invece nell'ombra.
Ed ora vengo ai punti dove il FABIANI riconosce fondate le mie affermazioni e si serve delle stesse per rafforzare le proprie, mentre invece, proseguendo nell'analisi dei suoi stralci biografici, sono costretto a contestare le sue grossolane falsità.
Già nella stessa parte introduttiva della biografia egli riconosce, riguardo OVARO, una delle mie asserzioni e cioè
1) “Ha affermato, lo stesso CARNIER, pur essendo di siffatta parte, che l'idea dell'attacco (ovviamente su OVARO) era il volere di una terza forza di natura borghese, che costituiva una corrente a se stante, appoggiata dalla brigata OSOPPO "".
Posso riaffermare di essere stato perfettamente al corrente dell'esistenza di una terza forza, di natura borghese, in quanto il mio titolare d'azienda, dove prestavo la mia opera nel campo amministrativo faceva parte del COMITATO di LIBERAZIONE della val di GORTO con lo pseudonimo di TARQUINIO. Ebbi pertanto il modo di conoscere i verbali delle sedute ed anche il relativo retroscena che costituisce indubbiamente la parte più significativa. Conservo infatti copia di taluni atti, ed in particolare del verbale del 29 aprile 1945, avuti legittimamente.
II mio titolare aveva un forte ascendente sulle decisioni del C.L.N. per il fatto che rappresentava il nucleo degli industriali locali che, se da un lato chiedevano protezione ai tedeschi che effettivamente ottennero attraverso il commissario tedesco ing. GNADLINGER, sul quale non ho pubblicato tutto e che comunque operò molti salvataggi in extremis..., dall'altro lato avevano accettato giocoforza di finanziare la Resistenza - che comunque disapprovavano con versamenti di denaro liquido nelle mani del commissario della GARIBALDI, uomo generoso di confidenze delicate con gli industriali, come se volesse dimostrare di essere un angelo in mezzo ai bifolchi, il quale nell'ufficio del mio titolare in cui ero presente, dopo aver messo in borsa i pacchi di banconote senza controllarli, diceva: “Mi fido”. Detto commissario (ARTURO), basso di statura, ebbe vita breve nelle sue funzioni. Come riferito nelle mie pubblicazioni egli cadde nel luglio 1944 in circostanze misteriose e più esplicitamente sarebbe stato ucciso da uno dei suoi uomini escludendo quindi l’attribuzione della morte al nemico, anche in relazione alla verifica della posizione in cui si trovava.
Va aggiunto che, in senso ristretto, nel ceto industriale locale si tiravano i fili di una quinta colonna organizzata segretamente tra i partigiani comunisti, ovviamente facendo circolare del denaro, incaricata di eliminare abilmente, in circostanze opportune, i cosiddetti capi estremisti e sanguinari e, a tal proposito, richiamo alcuni accenni contenuti nelle pagine nr. I35-I36-I37 del mio volume "LO STERMINIO MANCATO..." pure della MURSIA-Milano. Per azione diretta o indiretta diversi elementi scomodi vennero eliminati.
Gli industriali, con l’assenso riservata dell'ing. GNADLINGER che agiva su superiore consenso al fine di contribuire alla normalizzazione dell'ambiente, e che salvò sulle base di lacrimose suppliche elementi sul piede della deportazione che crollavano disperati e di cui potrei fare i nomi, finirono per influenzare la Resistenza nel senso di addomesticarla e ridurla ad una linea unicamente patriottica, il che, dal loro punte di vista era comprensibile. Alla fine del 1944 la Resistenza aveva infatti ormai perduto ogni slancio rivoluzianario, fatti salvi pochi elementi costretti all'isolamento, e finì per essere travolta ed annientata dai rastrellamenti tedeschi e fascisti. Va rilevato, inoltre, che i partigiani, rossi e bianchi, non fucilarono alcun industriale, ma unicamente dei fascisti o presunti tali, sospette spie, prigionieri tedeschi e poveri diavoli.

2) Si lamenta il FABIANI di non aver potuto rintracciare i verbali delle sedute del C.L.N.. "VAL di GORTO" alle quali aveva preso parte sottolineando, in particolare l'importanza del verbale del 29 aprile 1945. In riferimento a quella seduta egli asserisce "" Intervenni duramente per dimostrare l'assurdità dell'alternativa prospettata da quei pochi pazzi; tutti gli altri mi appoggiarono e la discussione si fece accesa e generale, come fu fatto constatare a verbale della seduta. Riferisce il FABIANI varie sue dichiarazioni formulate in quella seduta nettamente ostili all'idea dell'attacco ai cosacchi e tedeschi e conclude "" Al nemico che fugge i ponti d'oro, è una regola di sempre, che sicuramente va rispettata oggi a difesa delle nostre popolazioni. Cosa volete dopo tante sciagure in Carnia? Ulteriore sangue ? Rovine ed ancora rappresaglie? Pensare di attaccare ora i tedeschi ed i cosacchi che sono padroni della nostra terra, con le poche formazioni "partigiane esistenti, sarebbe una pazzia politica e militare. Questo in sintesi fu quanto dissi di fronte al C.L.N val di GORTO e di fronte idealmente all'intera popolazione della CARNIA e così fu anche scritto in mia presenza ed a mia precisa richiesta nel verbale della seduta.ORBENE POICHÉ POSSEGGO IL VERBALE DEL C.L.N VAL DI GORTO del giorno 29 aprile 1945, posso dichiarare che il medesimo contiene:a) introduttivamente la presenza dei rappresentanti dei vari partiti con l'assenza del membro del Partito comunista della val di Gorto per servizio di collegamento con militari in Tolmezzo.
b) si prende atto delle informazioni riferite dal rappresentante del Partito d'Azione, nei riguardi delle trattative che il Comandante territoriale della 5a Divisione ha svolto a Tolmezzo e in altri luoghi della Carnia per la resa e la cessione delle armi ........le stesse sono a buon punto favorevoli ........ fra poche ore la Carnia si potrà considerare definitivamente libera.
1) ORDINE PUBBLICO
Coprifuoco, requisizione automezzi vari, altre disposizioni, esposizione bandiera tricolore etc...
2) AMMINISTRAZIONE PUBBLICA
Sostituzione dei Commissari prefettizi nei vari comuni della val di GORTO, val PESARINA con i Sindaci di cui vengono elencati nomi e cognomi ... Disposizioni sul comportamento che dovranno assumere nella circostanza i sindaci ed i dipendenti comunali etc.
3) OPERAZIONI MILITARI
Si svolgeranno secondo lo spirito dei deliberati del C.L.N. Alta Italia e cioè : resa incondizionata FF.SS. Repubblica, prigionieri di guerra se depositano le armi, fuori legge in caso opposto; FF.AA. Russe e Georgiane agli ordini della 5a Divisione Territoriale, caucasiche e cosacche disarmo immediato.....
4) GIUSTIZIA
Costizione Tribunali militari varie disposizioni....
5) PROCLAMA AL POPOLO
Si apporrà il proclama allegato.
6) Alla fine della seduta il C.L.N. in previsione degli avvenimento che si maturano decide di sedere in permanenza. per il momento in OVARO.
C.L.N. VAL di GORTO
seguono firme
NESSUN ACCENNO ALLE DICHIARAZIONI DEL FABIANI, SECONDO IL QUALE LE STESSE ERANO STATE INSERITE NEL VERBALE DEL 29 APRILE 45.
VERE E PROPRIE FALSITA', CHE NEL PROSIEGUO SARANNO EVIDENZIATE, TOLGONO OGNI CREDIBILITÀ ALLE SUE DICHIARAZIONI INFATUATE DA PROTAGONISMO. Ad esempio, la seduta del 29 aprile, fu presieduta dall'ing. Rinaldo Cioni,presidente dal C.L.N. come lo prova, non solo il verbale, ma pure altre testimonianze connesse in mio possesso, per cui va smentita alla radice l'affermazione contenuta negli stralci biografici del Fabiani : " Presiedeva il compagno G. Cleva di Prato Carnico ed era una riunione di estrema importanza per la val di Gorto, dovendosi decidere quale atteggiamento dovessero tenere le popolazioni etc."Risulta evidente che il C.L.N. VAL di GORTO, dominato dagli industriali affiancati dall'OSOPPO, procedeva senza indugi per ottenere la resa, già scontata al punto b) del verbale 29/04 travalicando i poteri circoscrizionali limitati alla valle ed agendo sul Comando tedesco di TOLMEZZO ed ugualmente su quella cosacco posto nella medesima cittadina dai quali sottostavano tutte le forze nemiche stazionate in CARNIA e, per quanto concerneva il Comando cosacco, 1'intera massa dislocata nella COSSACKJA estesa sul Friuli, nel Goriziano e nella Pedemontana occidentale fino al Livenza. Il disegno era indubbiamente ambizioso.
Non è ben chiaro su quali basi di principio il C.L.N. VAL di GORTO si sia arrogato il compito di intimare la resa ai due comandi di TOLMEZZO, compito che, semmai, spettava al C.L.N. del luogo il quale effettivamente, il 3 maggio, capeggiato dal senatore M.GORTANI col seguito di rappresentanze partigiane della GARIBALDI ed OSOPPO, affrontò il Comando cosacco seppur con risultati negativi.
Una spiegazione plausibile, riguardo l'iniziativa del C.L.N. VAL di GORTO, è data dalla testimonianza di un osovano , PAOLO.PITTI, capo di S.M. della 5a Divisione OSOPPO, dalla quale risulta che il Comando cosacco di TOLMEZZO aveva chiesto di parlamentare con la missione inglese aggregata all'OSOPPO. L'incarico di contattare il Comando cosacco fu quindi assunto dal comandante dell'OSOPPO territoriale, GIAN ROBERTO BURGOS che, indossando l'uniforme di capitano di fregata ( e su cui sarà riferito in seguito ) scese da OVARO a TOLMEZZO su una macchina con bandiera bianca, e si presentò al comando cosacco dichiarando però che la missione inglese si era allontanata dalla Carnia. Non si arrivò pertanto ad alcuna conclusione.
Prima di procedere oltre mi sembra opportuno mettere in chiaro, e questo per il lettore profano, che allorché riguardo il settore partigiano si parla di divisione l'entità si aggira su 200/300 uomini mentre quando si parla di battaglione l'entità è di alcune decine.Si rende qui necessaria l'esposizione da parte mia di alcuni fatti per conoscenza diretta.2) All'alba del 2 maggio 1945 la collusione,borghesi OSOPPO, passò alle vie di fatto. Ebbe luogo, infatti una forte esplosione, che rintronò nell'intera valle di GORTO. Partigiani dell'OSOPPO, su ordine del comandante PAOLO tramite il capo OTTO, e non quindi i garibaldini come erroneamente asserisce il FABIANI, fecero saltare mediante una forte carica di esplosivo,la caserma di CHIALINA dove stavano asseragliati,in gran numero dei cosacchi con le loro mogli ed i figli, non disposti ad arrendersi bensì ad intraprendere la ritirata nell'AUSTRIA e che finirono maciullati sotto le macerie. Del brillamento della carica si incaricarono due georgiani, LOLUA e TODUA, ex militanti nella Legione georgiana di stanza a COMEGLIANS il cui colonnello comandante, FRIDONIO ZUIUKIZE, come da atto originale in mio possesso, era passato a fianco dell'organizzazione partigiana non comunista OSOPPO, anche sulla base di segrete intese, concordate mediante una radio ricetrasmittente nascosta nella soffitta di un industriale di COMEGLIANS (U.DA ANTONI) assieme ad un operatore, membro di una missione alleata.
Non ci si può fare a meno di chiedere quale necessità militare possa giustificare i responsabili, capi e capetti della OSOPPO,per ordinare tale massacro eseguito dai due disertori georgiani, se non quella di soddisfare , in quelle ultime ore di fine guerra, la propria spavalderia cercando la gloria sporcandosi le mani di sangue dopo essere stati, per l'intero autunno ed inverno fino ad aprile, rintanati in qualche paesino fuori mano senza sparare un solo colpo.
Provenienti dal presidio di OVARO, proprio nel mattino del 2 maggio (il fatto è raccontato nel mio volume "L'ARMATA COSACCA IN ITALIA...") un dapprello di arditi cosacchi superando ogni vigilanza partigiana, si mosse in avanscoperta nell'alta valle di GORTO e si arrestò alla prima casa del capoluogo di COMEGLIANS, che era la mia. Entrati in casa quei cosacchi parlarono con mio padre, che consceva bene il tedesco, ottenendo notizie sulla possibilità di ritirata verso l'AUSTRIA. Seppero inoltre che, nel paese, non c'erano partigiani ma solo i georgiani della legione, circa un migliaio, arresisisi ormai all’OSOPPO. Rimontati a cavallo quei cosacchi retrocedettero quindi con folle galoppo verso OVARO. Rammento che li vidi, uscendo sulla strada, scomparire in un pulviscolo nebbioso sotto lo scrosciare della pioggia.
Poco dopo giunse a casa mia il figlio di uno degli industriali che conducevano il gioco con l'OSOPPO, il quale disse imperiosamente a mio padre di esporre la bandiera tricolore : ""La guerra è finita, siamo liberi !"". Al che mio padre osservò che, poco prima, erano giunti dei cosacchi a cavallo,provenienti da OVARO in avanscoperta, onde accertare la possibilità di ritirarsi in AUSTRIA per cui c'era da aspettarsi che avanzassero verso il nostro paese . "" Quelli li sistemiamo noi. Stiamo andando proprio ad OVARO !!"". Fu la risposta.La sistemazione preannunciata fu un vero disastro!!
4) Una testimonianza eloquente riguardo la sciatteria del comportamento partigiano nell'azione di attacco su OVARO emerge in tutta la sua evidenza da una memoria dattiloscritta dell'insegnante PITTINI GIOVANNA che risiedeva nel capoluogo e che io stesso conobbi. Nel dopoguerra la PITTINI,assieme ad altri cittadini di OVARO, mi chiese di partecipare sulla DRAVA, a LIENZ, alla cerimonia della commemorazione della tragedia cosacca. Nell'occasione essa depose ai piedi del monumento che ricorda le vittime della consegna ai sovietici, un cuscino di fiori e ciò a dimostrazione che la popolazione di OVARO non serbava rancore alcuno verso i cosacchi ma manteneva invece, come del resto è noto, una persistente acrimonia verso i partigiani.
Riporto quindi degli stralci dal diario della maestra PITTINI : ""Mi dicono che a CHIALINA, i partigiani, per mano di un disertore georgiano (in realtà si tratta di due disertori come ho già precisato in narrativa) hanno collocato una carica di esplosivo fuori dalla casa di LUIGI CEDOLINI, sede della caserma dei Carabinieri. ...Fatta esplodere la carica, la casa crolla e travolge i disgraziati, con numerosi morti tra uomini (cosacchi), donne e bambini, e numerosi feriti anche gravi e molte case all'intorno seriamente danneggiate "".
""Verso le otto comincia ad OVARO una gran sparatoria con colpi di moschetto e fragorosi scoppi di bombe a mano ; l'azione sembra diretta verso la scuola dove sono asseragliati i cosacchi che rispondono al fuoco. Sono i partigiani che sparano all'impazzata senza un'azione coordinata. Nessuno li dirige. Hanno fucili vecchi ed arrugginiti con poche munizioni e sparano in direzione della scuola nascosti dietro i muri. Si spostano a loro piacimento, vanno e vengono, uno raccomanda all'altro di non sparare per risparmiare i colpi, un altro si lamenta che ha finito le cartucce, un altro ancora impreca perché il fucile si è inceppato. I cosacchi fanno uso parsimonioso delle munizioni, rispondendo al fuoco, con qualche colpo e scagliano qualche bomba a mano "". ""Non desidero nè vedere nè sentire. Senonchè guardando fuori dalla finestra, vedo appostati, nell'angolo della casa di PRIMO (GUBIAN PRIMO), quattro partigiani che sparacchiano verso la scuola e li senti fare i discorsi di cui sopra ""
""Ne spariscono due, ritorna uno, spariscono tutti e tre, poi ne ricapitano altri tre. Mi si drizzano i capelli perché intuisco che non stanno conducendo un'azione organizzata, sembrano ragazzi che stanno giocando alla guerra. Mi precipito sul portone e domando loro : "" Cosa state facendo,non avete comandanti che vi dirigono, dove sono ?"" ""Mi risponde uno con fare arrogante : "" Non abbiamo bisogno di comandanti, noi facciamo da soli !""
""Effettivamente pare che tutti i comandanti, ai primi spari della sera precedente, si siano dileguati: nessuno li ha più visti in paese "".
Questi gli aspetti tattici irresponsabili, fanciulleschi dell'attacco partigiano su OVARO, dove l'OSOPPO, tramite il suo responsabile si pose agli ordini degli industriali cercando di estraniare la GARIBALDI che comunque passò in subordine e prese parte all’azione.
Nei decenni del dopoguerra, avendo incontrato all'estero dei cosacchi che furono ad OVARO, nella mia veste di delegato ufficiale della "WORLD FEDERAZION OF COSSACK.." e fra questi lo stesso colonnello GOLUBOFF che condusse il contrattacco avvolgente su OVARO, sbaragliando l'iniziativa partigiana, mi resi conto, sulla base della considerazioni fattemi, dell'insensatezza della stessa dal punto di vista militare : una pagina di storia pietosa e ridicola.-
5) Asserisce il FABIANI che 150 prigionieri cosacchi arresisi ai partigiani a CHIALINA vennero trasferiti sotto scorta nel villaggio di PIERIA, in, val Pesarina ed alloggiati provvisoriamente nell'ex Casa della G.I.L. Gli stessi "" Due giorni dopo furono prelevati da un reparto garibaldino ed avviati verso l'ormai libera OVARO per proseguire poi verso TOLMEZZO. Qualche giorno dopo, quando gli Alleati raggiunsero TOLMEZZO, i cosacchi furono loro consegnati.
SI TRATTA DI FALSA DICHIARAZIONE DEL FABIANI !
Detti prigionieri, in realtà 67 e non 150, nella maggioranza profughi e cioè donne, bambini e vecchi, ciò che il FABIANI tace facendo credere falsamente che fossero tutti militari cosacchi, depredati di scarpe, stivali ed altri effetti personali, reato punito dalle norme della convenzione internazionale dell'AIA concernente la protezione dei prigionieri di guerra, per intervento della popolazione della val Pesariaa indignata per le notizie dei maltrattamenti inflitti dai partigiani e da elementi comunisti agli sventurati e preoccupata per possibili rappresaglie da parte delle forze cosacche in ritirata, in conseguenza alla scorribanda partigiana su OVARO conclusasi nel fallimento, vennero accompagnati, nel mattino del 3 maggio, dal villaggio di Pieria al ponte sul Degano, dove la strada incrocia quella della vai Gorto e qui gli stessi si unirono alle colonne in ritirata per l'Austria. Testimonianze : pag. nr.16 del diario della Parrocchia di Pesaris: notizia riportata a pag.189 della pubblicazione PASTOR KAPUTT - Chiandetti editore; testimonianza all'autore da valligiani della borgata Patossera. Ignora poi letteralmente il FABIANI che, circa altri 30 prigionieri cosacchi, da Chialina furono portati per precauzione a Cima Sappada nel vicino Cadore e colà alloggiati presso contadini ed un albergo.
6) Ritengo inoltre inevitabile, nell'interesse della verità storica, fare chiarezza su fatti e comportamenti relativi a un elemento che fa la sua comparsa negli stralci biografici ed anche in altre testimonianze, in riferimento alla vicenda di OVARO. Si tratta di GIAN ROBERTO BURGOS, capitano di fregata della Regia Marina e comandante territoriale dell'OSOPP0. Il medesimo ha rilasciato due relazioni in date diverse, concernenti gli accadimenti di quei giorni, conservate presso l’archivio dell'OSOPPO (AORF) in Udine e di cui vengo a sintetizzare i contenuti.-
La prima relazione porta la data del 29.05.1945 ed è quindi la più vicina ai fatti. Sostanzialmente nella stessa il BURGOS asserisce di essersi recato a TOLMEZZO il 1.05, quale comandante osovano indossando la divisa di capitano di fregata della Regia Marina ad intimare la resa senza condizioni su incarico del Governo alleato ( non riferisce però gli estremi di alcuna delega in tal senso...) al generale comandante dei cosacchi, dal quale fu respinta in quanto deciso ad arrendersi solo ai britannici o agli americani ma sull'argomento andremo a fondo più oltre. Aggiunge di essere tornato poi a TOLMEZZO il 2.05,assieme al comandante osovano PAOLO, ad intimare nuovamente la resa al comandante dei cosacchi ed al comando tedesco delle SS. per ricevere il rifiuto da entrambi. Tralascio alcuni dettagli. Asserisce di avere poi saputo che, in quel giorno, era scoppiato ad OVARO un violento combattimento tra il presidio cosacco e due battaglioni di partigiani, e quindi di avere tentato di spingersi oltre le linee per incontrare gli Alleati ed informarli di quanto stava accadendo, ma di essere stato arrestato dalle SS. assieme ad altri e tradotto a CHIUSAFORTE presso l'Alto comando tedesco colà trasferitosi in ritirata da TRIESTE, ed incarcerato fino al 6.05.45.
Nella seconda relazione, datata 5.01.1968 ,il BURGOS asserisce che, il 2.05.1945, di ritorno da TOLMEZZO, riferì al comandante PAOLO sull'esito negativo delle trattative di resa col generale cosacco e tace completamente sulla proposta di resa alle SS. tedesche, concludendo di essersi poi rigirato a MIONE, sua residenza, col fido RUGO, in questo caso mentre i partigiani combattevano e morivano ad OVARO,il che, per un ufficiale, appare dichiarazione sconcertante.
La seconda relazione è in pieno contrasto con la prima. Essendo infatti il BURGOS stato arrestato il 2.05 e tradotto in carcere a CHIUSAPORTE dove fu trattenuto fino al 6.05, non poteva avere il dono dell'ubiquità e trovarsi ad OVARO per riferire al comandante PAOLO (ALESSANDRO FOI) sull'esito delle trattative condotte a TOLMEZZO a prescindere dal fatto che, nella prima relazione, egli afferma che il 2.05 nell'andata a TOLMEZZO per intimare la resa, il comadante PAOLO era assieme a lui, ed asserire inoltre di essersi trovato nell’indomani, 3.05, ad ENEMONZO (se stava in carcere a CHIUSAPORTE) invitato da cinque colonnelli cosacchi che volevano trattare la resa quando poi, mi permetto di aggiungere sulla base di certezze storiche, proprio il 3.05 tutte le forze cosacche della val TAGLIAMENTO, ENEMONZO compresa, erano in ritirata in direzione della val BUT-PLÖCKENPASS (vedi ""L'ARMATA COSACCA IN ITALIA.-.."" pagg.161-162 - edizione ampliata MURSIA-Milano
CONCLUSIONE : la maldestre relazioni del BURGOS vanno totalmente cestinate in quanto prive di ogni attendibilità storica per le loro insanabili contraddizioni ! !
Lo dichiara a pag. 182 della pubblicazione PASTOR KAPUTT Chiandetti editore, anche il conte VALENTINO PRAVISANO sicuramente indignato nel leggere simili corbellerie ,asserendo ””Devono essere scartate del tutto le affermazioni stese dal contrammiraglio della riserva GIAN ROBERTO BURGOS di POMARETTO..E continua: "" Mi sia lecito inoltre osservare, a proposito dell'ufficiale in parola, che l'onore militare esige che un comandante ed in combattimento, anzi non solo un comandante ma anche un semplice gregario non lascia il reparto per ritirarsi..., con il fido RUGO, a MIONE, mentre i gregari versano il loro sangue..per l'onore della propria bandiera. Fare poi l'ufficiale di collegamento con le truppe alleate è un autonominarsi.....""
IL MANCATO RISCONTRO DI FATTI SUGGERISCE PERALTRO L'IPOTESI DI MILLANTATO CREDITO.
Secondo il capitano delle SS. SCINDLMAYR, omandante S.D, a TOLMEZZO, che io incontrai a MONACO di BAVIERA nel dopoguerra - ovviamente dopo aver concordato un incontro - riguardo il BURGOS_mi disse che "questo ""italienisch Pfaublau "" (pavone azzurro italiano) , piuttosto altezzoso , ci fece sorridere con la sua proposta di resa incondizionata, stante la pessima stima che avevamo degli ufficiali italiani, soprattutto quelli di grado superiore, in genere tutti affiliati alla massoneria per avanzare in carriera ed ottime comparse da salotto, facendoci ricordare la pugnalata alla schiena alla GERMANIA col tradimento italiano dell'8 settembre 1943 che ci costò la campagna d’ITALIA sottraendo rilevanti preziose forze ad altri fronti per sopperire il vuoto lasciato dall'esercito italiano scioltosi in fuga e che compromise l'andamento della guerra. Dopo averlo ascoltato non perdemmo tempo, in base agli ordini ricevuti dal Gruppenfuehrer SS. GLOBOCNIK, e lo mettemmo alla porta ! !
DEVO INOLTRE SMENTIRE CATEGORICAMENTE IL FABIANI SUL CASO MIRKO, il comandante sloveno che, in realtà si chiamava ARKO MIRKO, nome da me rivelato, dopo annose ricerche, in occasione alla riedizione ampliata de "L'ARMATA COSACCA IN ITALIA..." (1990).
Asserisce il FABIANI : "" Fanno poi sorridere altri suoi giudizi (del CARNIER), frutto evidente di totale disinformazione, come quello sull'origine del movimento partigiano in CARNIA attribuita al compagno slavo MIRKO che sicuramente,invece, giunse ben più tardi...""
SI SBAGLIA COMPLETAMENTE IL FABIANI anche in funzione delle sue carenti cognizioni storiche indispensabili per la formulazione di un giudizio. MIRKO giunse nella zona di TRAVA, LAUCO ed AVAGLIO ed organizzò le prime trame partigiane. Io parlo di movimento partigiano rivoluzionario e non semplicemente di movimento partigiano che è cosa diversa.
L'organizzazione della lotta armata comunista in CARNIA assunse effettivamente caratteristiche rivoluzionarie, per tatticismo e stile, nei primi mesi del 1944 con la presenza di MIRKO che aveva appreso la lezione da elementi sloveni che avevano combattuto nelle brigate internazionali in SPAGNA, e che portò una ventata di concezioni nuove puntando sulla supremazia delle armi e su altri fattori tattici e non su conferenze ideologiche.
MIRKO fu fortemente critico verso una mancata stragegia della GARIBALDI, al momento del collasso autunnale dovuto ai grandi rastrellamenti tedeschi e fascisti e, di conseguenza, fu esautorato dal comando della GARIBALDI, anche in funzione di pressioni del ceto capitalista-industriale che lo temeva. Stanti le sue pesanti accuse e minacce di una pubblica denuncia a fine guerra, per deviazioni della GARIBALDI comunista e per l'assassinio di diversi ufficiali delle missioni alleate, in particolare statunitensi della "TEXAS" e "MERCURY", fu assassinato per decisione del comando nell'aprile 1945, assieme alla sua compagna KATIA (GISELLA BONANNl),per ridurre al silenzio le loro gravi accuse.
Sono state di recente ricalcate, con dichiarazioni alla stampa, vecchie menzogne intese a coprire i mandanti o comunque i responsabili del duplice assassinio, ancora in vita. Fra l’altro un ex capo partigiano comunista carnico, “F.”, con dichiarazione ingiuriosa apparsa sul Messaggero Veneto del 13.4.2005, ha asserito che a giustiziare MIRKO furono i titini, in quanto a loro giudizio era un traditore. In base a precise indagini, da me condotte presso i vertici della Organizzazione ex partigiana jugoslavia, con relative risultanze scritte, MIRKO non ebbe assolutamente alcunchè da vedere con la resistenza iugoslavia per cui l’affermazione soprarichiamata ricalca palesemente le vecchie menzogne.
Detengo la prova che, nel registro delle condanne della GARIBALDI, è annotata la decretata condanna a morte di MIRKO, la cui esecuzione avvenne a opera dei due partigiani, come già riferito nelle mie pubblicazioni : TITO (Beorchia Mario) e BASETTA (Zuliani Ferdinando).
A tal riguardo vengo a precisare di essere procuratore irrevocabile "post mortem", con rappresentanza, dei congiunti di ARKO MIRKO nell'interesse del medesimo, riguardo gli accertamenti sull'assassinio e quanto vi consegue, con ampi poteri, e di disporre di documenti inoppugnabili onde confermare quanto asserito sia in sede storica che, ova occorra, in quella giudiziale.
Lo storico ha il compito di non esprimere ciò che egli vorrebbe, secondo la sua visione ed intuizione interiore, politica o non, ma ciò che risponde ai fatti, alle causali ed agli effetti.
II FABIANI è lontano da questa linea di principio e la sua mentalità proletaria ha prodotto valutazioni e considerazioni esclusivamente di parte e di carattere, agiografico e quindi di nessuna credibilità storica.
Dal punto di vista storiografico sono stato tra i primi ad occuparmi della lotta partigiana in CARNIA ed a fissare le basi analitiche dell'occupazione tedesca nell'ADRIATlSCHES KÜSTENLAND" e sono stato il primo, in senso assoluto, ad affrontare l'argomento dell'insediamento cosacco-caucasico. ""L’ARMATA COSACCA IN ITALIA....."", volume edito come già precisato nel 1965 a successivamente aggiornato su ricerche accumulate nel 1990, è stata opera sofferta e gloriosa che resta, assieme ad altro mio volume "LO STERMINIO MANCATO" MURSIA 1982, cui si aggiungono centinaia e centinaia di scritti documentati su intere pagine di quotidiani ( oltre vent'anni di collaborazione con "l'Arena di Verona " e "II Giornale di Vicenza" ed altre testate). La storia mi ha dato ragione attraverso gli eventi con il crollo del comunismo e con l'intera riabilitazione del vasto movimento di opposizione armata, affiancato ai tedeschi,impegnato nell'obiettivo della creazione di una NUOVA RUSSIA.
8) FALSE, INAPPROPRIATE VALUTAZIONI DEL FABIANI PRIVE DI OGNI CONCEZIONE DI POLITICA ECONOMICA, SUL CETO INDUSTRIALE DEGLI IMPRENDITORI DELLE UTILIZZAZIONI FORESTALI, ATTRAVERSO LE SEGUENTI FRASI : "" L'ansia di quei ceti industriali d'altronde era evidente in quanto essi come detto, persino negli ultimi tempi dell'occupazione nazista avevano trescato e fornito materiali al nemico sterminando il patrimonio boschivo demaniale, continuaado ad arricchirsi smisuratamente, continuando a danneggiare sistematicamente da oltre vent'anni gli interessi popolari ai cui bisogni erano sempre stati sordi "".
"" Questi industriali e capitalisti della zona,direttamente o per mezzo dei loro servitorelli, erano intenzionati a perpetrare qualsiasi altro crimine antipopolare, mascherato a parole con la parvenza di un presunto atto eroico contro i tedeschi ora che erano vinti,pur di riuscire ad inserirsi nel gioco dell'Italia del dopoguerra con la maschera della verginità "".
La definizione che i tedeschi, per gli industriali, erano il nemico, stante il fatto che, in quel momento storico in Italia si era costituita la Repubblica Sociale, è un'assurdità che si commenta da sola e che fa parte della visione distorta che il FABIANI ha dei fatti dal suo punto di vista proletario comunista.
In riferimento alla prima frase e cioè al depauperamento del patrimonio forestale demaniale , avendo lavorato per 17 anni e proprio nel periodo in menzione nell'industria delle utilizzazioni forestali, pur riconoscendo che siano stati trasgrediti dei limiti, non si arrivò alla devastazione del patrimonio. L'accennato patrimonio aveva poi le sue amministrazioni coi relativi responsabili, soggette alla vigilanza del Corpo Forestale e poiché l'ITALIA non era uno stato progressista l'atteggiamento di detti imprenditori , sotto il profilo storico, rientrava nella normale linea del capitalismo industriale. Occorre inoltre riconoscere che, quelle aziende, si erano fatte le ossa con proprie risorse finanziarie e lavoro dando alla CARNIA, in rapporto ai tempi, un'immagine rispettabile dal punto di vista dell'industria del legno. Le stesse dovevano ovviamente badare al loro equilibrio economico, non sussistendo a quei tempi, alcuna sovvenzione statale e dovevano prepararsi a far fronte anche a periodi di vacche magre, che non mancarono di verificarsi nel dopoguerra, provocando la chiusura di parte di esse.
La critica rivolta agli imprenditori locali, circa la loro insensibilità "" agli interessi popolari al cui bisogne erano rimasti sempre sordi "", è del tutte insensata in quante totalmente impropria, poichè tale constatazione era nella normalità dell'intera nazione ed ogni preoccupazione e provvedimento al riguardo, competeva, non certo agli industriali od imprenditori ma agli organi di Governo. Va invece precisato che tutti gli industriali, i commercianti ed i latifondisti gettatisi a braccia aperte nel fascismo che aveva il merito di aver trascinato l'Italia fuori dalle secche in cui l'aveva precipitata, alla fine della prima guerra mondiale, la sovversione delle sinistre, ne beneficiarono nel ventennio facendone strumento di potere, in deviazione dei suoi principi, esercitando dell'autoritarismo in maniera dispotica sulle masse dei prestatori d'opera, mezzadri etc, nonostante gli sforzi dell'ala sinistra per correggere tale atteggiamemto e l'approntamento di una riforma e carta del lavoro che il precipitare degli eventi e la caduta del fascismo (25.07.43) resero inattuabili. La volontà di una profonda riforma riemerse purtroppo tardivamente, nell'interessa delle_masse_ proletarie, e fu varata nel corso della Repubblica Sociale, coi 18 punti di Verona. Queste le verità che il FABIANI letteralmente ignora.
Con la caduta del fascismo (25.07.43) e l'armistizio separato italiano (8.09.43) il vuoto di potere dette luogo alla ricomparsa dell'antifascismo mediante la lotta armata comunista col disegno della conquista del potere nel PAESE, stroncata dagli Alleati attraverso l'imposizione del C.L.N.A..I (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia),perche questa è la verità storica e non un'altra, non cioè la lotta per la libertà e nulla contano la labili frange anticomuniste partigiane. E fu l'immagine comunista ed il suo futuro che spinse gli industriali, gli imprenditori ed i proprietari terrieri a cercare protezione nei tedeschi e nelle nuove forze fasciste per poi, in relazione all'evolversi degli avvenimenti, fidando nell’arrivo degli Alleati, innescare un rapporto anche con la Resistenza.-
SUL PIANO REALISTICO LA COLLUSIONE DEL CETO INDUSTRIALE LOCALE CON L'ORGANIZZAZIONE PARTIGIANA ANTICOMUNISTA ED ANCHE COMUNISTA E QUINDI LE PRESSIONI ESERCITATE DAL DETTO CETO AD OVARO, ATTRAVERSO L'OSOPPO, DETTATE DA PRECISO CALCOLO, PER QUANTO CRITICABILI, ONDE DISPORRE DI UNA CARTE VINCENTE NEL NUOVO GIOCO CON GLI ALLEATI IN ARRIVO, APPAIONO CONSEGUENZIALI NELLA LOGICA DEI FATTI, ANCHE SE CIO' NON ESCLUDE LE RESPONSABILITÀ' - DA ME DENUNCIATE PER PRIMO, CHE PESANO IN MISURA BEN MAGGIORE SUI RESPONSABILI PARTIGIANI I QUALI AGIRONO IN SUBORDINE IN MODO AVVENTATO, LASCIANDOSI TRASCINARE DA AMBIZIONI, PUR CONOSCENDO LA PROPRIA IMPOTENZA DI FRONTE ALLE SOVERCHIANTI FORZE NEMICHE, SENZA NEMMENO PREDISPORRE MISURE CAUTELATIVE : FORZE DI RISERVA, POSIZIONI DI VEDETTA, VIE DI SGANCIAMENTO.
Riguardo le acredini aggressive e denigratorie usate nei miei riguardi, dovute sia pure come si ipotizza, a contraffazione comunista ed a quant’altro rilevato attraverso l'analisi, formulo ovviamente delle riserve. Ciò vale anche per gli addetti o l'addetto alla redazione e quindi nel caso nei confronti del firmatario ALBERTO BURGOS, responsabile dell'inserimento degli stralci biografici nel Sito, colluso in un medesimo disegno diffamatorio.

PIETRO (PIER) ARRIGO CARNIER