Alberto Burgos

Foibe rosse


Le foibe?
Ah sì, quelle in cui i partigiani slavi, comunisti, hanno gettato decine di migliaia di italiani...
Sì, ma quanti?
10.000, almeno, ma probabilmente 50 o 100.000.
Perbacco, l'on. Gasparri ne sarà di molto contrariato, dato che nel 2004 ha pubblicamente affermato che gli infoibati sono quasi un milione (pari all'intera popolazione di Trieste, Gorizia, Pola, Fiume, della Bisiacaria, dell’Istria e della Slovenia occidentale!).

E speriamo che nessuno ricordi come siano stati i fascisti prima e i nazisti poi a inventare l'uso criminale delle foibe.

Sulla questione delle foibe per anni si è più o meno taciuto, e non tanto per la reticenza del PCI, che pure c'è stata, quanto per il fatto che i governi italiani a guida DC avevano tutto l'interesse a non entrare in contrasto con Tito, che aveva rotto con l'URSS.
Ma dopo il crollo del blocco sovietico e la scomparsa della Jugoslavia, negli ultimi anni c'è stato un revival che ha del prodigioso: da episodio tragico ma in definitiva marginale rispetto al dramma universale della guerra scatenata da Hitler (e anche in confronto a masascri come Cefalonia, Katyn, le stragi nazifasciste), le foibe - insieme ai drammatici fatti di Porzûs - sono diventate il simbolo più clamoroso della malvagità comunista, e non si comprende come mai Pansa non se ne sia ancora occupato a dovere, a differenza di quanto hanno fatto Bruno Vespa e praticamente tutti i media (e se si fa una ricerca sul web i risultati sono del tutto a senso unico, con in evidenza cifre - sempre sull'ordine delle decine di migliaia - in genere non suffragate da alcuna prova).
Dice: ecco, il solito negazionismo...
No. Qui si tratta di storia, che si scrive in base ai documenti e non si usa allegramente per dare spettacolo, addirittura facendo ricorso a espressioni come genocidio e pulizia etnica.

Quanti infoibati? Davvero difficile stabilirlo, e anche tra coloro che hanno studiato seriamente, le opinioni sono discordi, ma ragionevolmente si può ipotizzare che questi morti (la gran parte, peraltro, fascisti e collaborazionisti) siano tra i 500 e i 1000. Comunque tanti, certo, ed il modo peggiore per mostrare pietas nei loro confronti è usarli, moltiplicandoli all'inverosimile.
Valga per tutti la foiba di Basovizza, "monumento nazionale": nell'immediato dopoguerra gli angloamericani - difficilmente sospettabili di simpatie filocomuniste - hanno indagato con cura, effettuando i necessari scavi e rilievi, e hanno ritrovato solo un centinaio di corpi di soldati tedeschi: in quella zona, infatti, si erano svolti violenti combattimenti tra nazisti e jugoslavi, e quest'ultimi, usciti vincitori dallo scontro, evidentemente poi avevano gettato nella foiba i cadaveri dei nemici uccisi (cfr. J. Pirjevec, Foibe. Una storia d'Italia, Einaudi, 2009). Inoltre negli anni successivi - prima del revival - la foiba fu utilizzata come discarica dagli abitanti, che altrimenti non avrebbero certo oltraggiato la memoria di loro compatrioti.

Così il Giorno del Ricordo (la legge che lo istituisce ha come promotore l'allora deputato Roberto Menia, noto fascista triestino) viene tranquillamente equiparato al Giorno della Memoria dedicato alle vittime del nazifascismo.

Istituzioni, giornalisti, storici della domenica, social network, ben impegnati a parlare di cose che non conoscono e a continuare la disinformazione, e chi non è d'accordo è un negazionista.

A questo circo Barnum della storia fatta in modo dilettantesco e ideologico non potevano non aggregarsi cinema e televisione, ad esempio stravolgendo la triste vicenda di Norma Cossetto, diventata una sorta di Jeanne d'Arc dell'anticomunismo. E a questa squallida ma efficace operazione Wu Ming dedica un'accurata analisi, a cui rimandiamo.

E a proposito di manipolazione dei documenti, ecco un partigiano e due partigiane nell’atto di sgozzare una vittima, presumibilmente un povero italiano. Ma l'immagine si riferisce a una Crna trojka (“Terzetto Nero”), unità çetniche, appartenenti all’esercito nazionalista serbo, che  si dedicarono all’esecuzione sommaria di partigiani comunisti, di simpatizzanti del movimento di liberazione e dei loro familiari. Come ricorda Wu Ming, che si tratti di çetnici e non di partigiani è facilmente deducibile dall’abbigliamento: anziché la bustina partigiana (la cosiddetta titovka), gli assassini hanno in testa una sajkaça, il tipico copricapo utilizzato dai nazionalisti serbi.



La seconda immagine è invece più controversa: dovrebbe trattarsi del recupero di corpi dalla foiba di Vines (Istria, 1943), ma la fotografia originale è conservata nell'archivio dell'Esercito popolare jugoslavo e fa riferimento a vittime dell'occupazione nazifascista.

In generale, comunque, prevale la sistematica falsificazione ideologica: ecco una delle foto - simbolo delle foibe, che ritroviamo in decine di siti web a testimonianza delle atrocità comuniste: in realtà si tratta di civili uccisi dalle truppe italiane in Jugoslavia, a Dane, a sudest di Lubiana, il 31 luglio 1942; e poi dei partigiani friulani impiccati a Premariacco (UD) il 29 maggio 1944.