Jole De Cillia Paola |
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Nata ad Ampezzo (Udine) il 23 gennaio 1921, morta a Tramonti di Sotto (Pordenone) il 9 dicembre 1944, infermiera, Medaglia d'argento al valor militare alla memoria. La madre di Jole era carnica e il padre era un falegname di Mereto di Tomba (UD). Nel 1924, come migliaia di altre famiglie friulane, i De Cillia emigrarono in Francia, dove la ragazzina dopo aver frequentato le elementari e le medie seguì un corso per infermiera. da: ANPI Donne e Uomini della Resistenza
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Pàlcoda, villaggio discosto e abbandonato della Val Tramontina, 8 dicembre 1944. Sotto la pressione a tenaglia delle truppe nazifasciste che con cannoni, artiglieria, armi automatiche e mezzi corazzati compiono da una decina di giorni un rastrellamento contro le formazioni partigiane, un gruppo di cinquanta garibaldini che non vogliono abbandonare il loro comandante di brigata “Battisti” trova un provvisorio rifugio. Con loro c’è “Paola”. Tra lei e il comandante è nato in estate un forte sentimento d’amore che nessuna difficoltà potrebbe infrangere. Il borgo è stato incendiato qualche giorno prima dai tedeschi, che però non hanno trovato i viveri nascosti dai partigiani sotto una cantina, in previsione di un loro alloggiamento invernale. “Battisti” ha un ginocchio gonfio e dolorante a causa di una caduta ed è febbricitante. Non può muoversi. Non è nemmeno ipotizzabile una difesa a oltranza sul posto. Dà disposizione ai suoi uomini di defilarsi durante la notte.
Supplica “Paola”: «Vai anche tu, tu che puoi continuare la lotta, quanto a me stai certa che non mi prenderanno vivo». “Paola” stavolta non ubbidisce, gli resterà a fianco. Rimangono anche una decina di partigiani, che lo aiutano a riparare su una grotta poco sopra il villaggio e tornano a presidiarlo. Nella notte, dei razzi illuminanti segnalano un attacco: è il battaglione fascista “Valanga” della X Mas. Nasce un violento scontro a fuoco. “Battisti” zoppicando e sorretto da “Paola” scende dal riparo, spara col suo mitra contro i fascisti e cade crivellato dai colpi. “Paola” raccoglie l’arma, spara a sua volta e cade accanto al suo uomo. È l’alba del 9 dicembre. Oltre ai morti in combattimento, dieci partigiani catturati saranno fucilati dai fascisti il giorno seguente a Tramonti di Sotto. La partigiana “Paola” era Jole De Cillia. Nata ad Ampezzo il 29 gennaio 1921, prima di sette fratelli, è ancora bambina quando nel 1924 emigra coi genitori in Francia, prima in Piccardia e poi nella regione parigina dove suo padre trova un lavoro di falegname. Jole frequenta le scuole dell’obbligo, poi prosegue gli studi e si diploma infermiera. Dopo l’occupazione tedesca della Francia, suo padre Zoilo, socialista, viene deportato in Germania; la famiglia deve rientrare in Italia e si stabilisce a Savalons di Mereto di Tomba. Jole è una donna colta e indipendente, già orientata politicamente grazie al padre e alle vaste letture. Trova occupazione come infermiera diplomata prima alla clinica Quarantotto e poi all’ospedale di Udine. Qui entra in contatto con lavoratori antifascisti e inizia l’attività politica diffondendo fogli di stampa clandestina e raccogliendo medicinali per i partigiani sloveni, già attivi nel Friuli orientale. Nell’ottobre del 1943, segnalata alla polizia e avvertita di ciò, evita l’arresto e raggiunge con la compagna “Gianna” (Fidalma Garosi) il battaglione garibaldino “Friuli” a Canebola. Le due donne devono subito imporsi rispetto a una mentalità maschile che le vorrebbe relegare a ruoli subalterni. Si impongono: «Noi faremo il lavoro che fate voi, andremo in azione, faremo anche i nostri turni in cucina, laveremo, come voi. Se no, è inutile che si sia venute quassù” (testimonianza di “Gianna”). Data la competenza professione, quando arrivano i primi feriti sono loro a occuparsene, allestendo a Canebola un vero e proprio ospedaletto, il primo del genere nella regione. Jole era gentile e affabile, ma anche severa, ordinata, tenace; comunista per scelta accanto ai poveri e ai lavoratori, religiosa per un bisogno spirituale. Dopo il rastrellamento tedesco di metà novembre 1943, i partigiani sono costretti a scendere in pianura e “Paola” prosegue l’impegno come staffetta. Avvisata che le SS la stanno cercando, in primavera sale nuovamente in montagna con la inseparabile compagna “Gianna”, stavolta più a occidente, fra la Val d’Arzino e la Val Meduna. Attivissima, si occupa della cura dei partigiani feriti e dei collegamenti con gli ospedali di Udine e Pordenone dove ci sono molti medici che collaborano col movimento partigiano; raccoglie informazioni sugli spostamenti dei tedeschi e dei fascisti e sulla loro consistenza numerica; cura la redazione e la diffusione del giornaletto “La donna friulana”. “Paola” e “Gianna” (che mantengono il nome di battaglia di copertura per non coinvolgere familiari e conoscenti nella repressione nazifascista) promuovono la costituzione e dirigono i “Gruppi di difesa della donna”, organizzazione capillare (oltre 800 donne solo fra Spilimberghese e Maniaghese) che aiuta la resistenza e propone tematiche femministe di liberazione da quell’inferiorità sociale e politica in cui l’Italia liberale prima e fascista dopo aveva relegato le donne. Nell’estate del 1944, quando la fine della guerra pare ormai vicina e sorgono le “Zone libere”, “Paola” e “Gianna” partecipano alle riunioni della Giunta di governo della Repubblica della Carnia e dell’Alto Friuli (la più vasta d’Italia), portandovi la voce delle donne. In quel periodo nasce il sentimento fra “Paola” e “Battisti” (Giannino Bosi), che li porterà insieme a combattere e a morire. A Giannino Bosi verrà conferita la medaglia d’oro al valor militare, a Jole De Cillia soltanto quella d’argento. 14 agosto 2020 M.V. |