Intervista a don Aldo Moretti sulla Repubblica partigiana della Carnia

per gentile concessione dell'autore e dell'editore, brano tratto da

Enrico Folisi, La liberazione del Friuli 1943-1945. Una guerra per la democrazia, Gaspari, 2005


Abbiamo in quell'occasione (durante la Repubblica Partigiana della Carnia) imparato che cos'è la democrazia e cioè abbiamo appreso come ci si deve comportare gli uni con gli altri; e gli uomini di un partito non solo accettarono ma vollero che ci fosse spazio per gli uomini degli altri partiti; e gli uomini armati quali eravamo i garibaldini e gli osovani vollero che fossero uomini senza armi, che fossero i civili ad amministrare, a governare, a pensare al bene della popolazioni.
Questo a me pare che sia il valore più grande di quella cosiddetta Repubblica Partigiana della Carnia o delle Alpi Carniche. E i civili seppero fare; così per esempio il piccolo paese di Vinaio si costituì in comitato e passò alla distribuzione dei boschi, delle terre di cui aveva estremo bisogno nella grande povertà in cui essi vivevano.
Il paese che fu incendiato dai tedeschi, Forni di Sotto, si costituì anch'esso a Comitato e volle che il parroco ne fosse il presidente e costituirono un consorzio per l'allevamento del bestiame. Sono iniziative di ordine sociale che dovrebbero continuare anche ai nostri tempi, perché siamo ben lontani dall'avere una Carnia e una zona di Alpi Carniche, Prealpi Carniche prospera, siamo assai lontani. Però la via è quella, la via cioè delle iniziative che partono dal popolo stesso con generosità e con ardire democratico.
Allora avevamo dei profondi contrasti, c'erano problemi gravissimi che ci dividevano fra noi. Così per esempio il problema del legname. La Carnia come è ovvio essendo una zona di grandi boschi poteva e può esportare legname da costruzione e questo legname da costruzione noi non l'abbiamo esportato perché andava a beneficio dei tedeschi, cioè delle truppe occupanti. Però c'era altro legname, legname da ardere e su questo legname da ardere noi non eravamo d'accordo. Gli uni non accettavano che venisse esportato neppure legname da ardere, dicendo che insomma anche questo in qualche modo andava a beneficio delle truppe di occupazione; gli altri, come è facile capire obiettavano, che le truppe di occupazione avrebbero bruciato le nostre sedie e i nostri tavoli ma non sarebbero certo restati senza legna nelle loro stufe.
E quindi insistevano, gli uni perché venisse fatto questo scambio di legname onde avere i viveri, perché c'erano state tolte le tessere, gli altri, invece, lo rifiutavano. Ebbene questo problema ci ha diviso, ma politicamente, non nella violenza, non nelle armi.
Un altro problema, più delicato ancora, è quello delle esecuzioni partigiane, della pulizia partigiana. Gli uni erano assai o troppo proclivi alla giustizia partigiana, gli altri erano assai più riservati, come possono pensare guardando me che sono sacerdote e quelli che la pensavano come me. Ma se noi eravamo insieme armati contro il nemico, non eravamo armati gli uni contro gli altri, se non con le idee, se non con la democrazia. Purtroppo salvo delle eccezioni che però non incrinano la norma e la regola.

Mi parrebbe dunque di dover concludere che quello fu un tempo in cui noi pur essendo armati avemmo fiducia anche di un'altra arma che è l'arma della Democrazia.

Nota redazionale: con tutto il rispetto per don Moretti, non si può non considerare l'anima anticomunista dell'Osoppo. Lino così scriveva in un rapporto alla DC del 23 novembre 1994 (cit. in: D. Franceschini, Porzus - La Resistenza lacerata, Quaderni IRSML-FVG, n. 11, p. 19): "Per nostra buona sorte le disavventure dei rastrellamenti hanno ridotto di molto i quadri della Garibaldi specie nella Carnia, dove essi volevano fare una specie di repubblica sovietica:" Grazie a Nilla Martinis per la segnalazione.