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                      I magnifici cinque                       | 
                     
                   
              
 Nel 1932 arriva a Londra Theodore Maly,  ex-cappellano militare dell'esercito austro-ungarico che, catturato dai Russi   nei Carpazi, getta la tonaca alle ortiche, dimentica la sua patria, rifiuta   perfino il cristianesimo e recluta (e qualcuno lo seduce anche) uno dopo l'altro Donald McLean, Kim Philby, Guy Burgess, Anthony Blunt, John Cairncross. Nessuno gli dice grazie, anzi, richiamato a Mosca   nel luglio del 1937, viene  quasi subito processato e fucilato nell'ambito del clima di terrore creato dalla paranoia staliniana.  
Le  cinque talpe inglesi reclutate a Cambridge (i Cambridge Five, appunto) faranno capo all'NKVD (Narodnyi Komissariat Vnutrennikh Del,  Commissariato del Popolo per gli   Affari Interni, poi KGB, Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti) e, a partire 
  dalla metà degli anni Trenta, sottrassero alcune tra le più importanti 
  informazioni ai servizi segreti britannici e le passarono all'Unione Sovietica.  
  A 
  differenza di molte spie che vendevano informazioni al nemico per denaro, i "magnifici cinque" erano mossi da motivi ideologici,  in particolare 
  dall'antifascismo, e vedevano nel comunismo russo l'unico modo per combattere 
  efficacemente il dilagante imperialismo occidentale.  
 Kim Philby era nato in India nel 1912 e si era laureato in 
  economia a Cambridge. Sempre animato da ideali antifascisti, iniziò 
  partecipando alle attività di un gruppo comunista legale a Parigi, per poi 
  passare ad un'organizzazione clandestina comunista a Vienna dove il suo 
  compito era quello di fare da corriere tra i comunisti fuorilegge austriaci ed 
  i loro contatti in Ungheria e a Parigi.  
  Philby era abilissimo nel far 
  uscire dallo Stato comunisti e socialisti e, date queste sue particolari 
  capacità, nel '34 fu rimandato in Inghilterra per tentare di infiltrarsi nel 
  SIS (Secret Intelligence Service). Fece così domanda per essere assunto nel 
  servizio civile inglese ma gli fu risposto che i suoi trascorsi di 
  simpatizzante comunista non erano i requisiti ideali per poter accedere ad una 
  carica amministrativa. Philby quindi si impiegò presso la redazione di un 
  giornale liberale e intanto ruppe tutti i legami con gli amici comunisti di 
  Cambridge e sparse la voce che le sue idee politiche erano 
  radicalmente cambiate.  
  Lo stratagemma funzionò perché qualche tempo dopo fu 
  ammesso a lavorare presso la Società delle Nazioni. Fu inviato in Spagna 
  durante la guerra civile come giornalista, ma in realtà aveva ricevuto 
  l'ordine dall'NKVD di raccogliere e fornire informazioni sulla potenza bellica 
  dei fascisti.  
  Nel '40 riuscì finalmente a penetrare nel SIS dapprima nella 
  sezione D detta dei "trucchi sporchi" che aveva l'incarico di escogitare mezzi 
  diversi dalla forza per battere i nemici; in seguito fu assunto nel SOE 
  (Special Operations Executive), dipartimento voluto da Churchill per rendere più efficaci le operazioni belliche  in Europa usando l'intelligence, e da ultimo entrò nel 
  controspionaggio, il Military Intelligence 5 (l'MI6, invece, si occupava dello spionaggio).  
  Il colpo di Philby meglio riuscito e grazie al quale il 
  KGB lo considerò il suo migliore agente tra il 1935 e il 1951, avvenne nel '44, 
  quando fu costituita in Gran Bretagna la IX sezione incaricata di studiare i 
  vecchi fascicoli dell'attività comunista sovietica. La direzione della sezione 
  spettava di diritto al capo di Philby, Cowgill, ma il piano di Mosca era che il proprio  agente 
   ottenesse lui il comando della sezione, a tutti i costi. Così Philby, colpendo 
  alle spalle il suo superiore ed amico, prese a frequentare assiduamente il 
  vicecapo del SIS Valentine Vivian, da anni nemico giurato di Cowgill, se ne 
  assicurò l'appoggio e iniziò un lento lavoro di sgretolamento della figura di 
  Cowgill; con successo, perché in seguito questi  fu 
  costretto alle dimissioni, cosicché Philby, oltre a guadagnarsi l'ambito posto, si sbarazzò pure di un feroce 
  anticomunista.  
 Guy Burgess, figlio di un ufficiale di marina, condusse 
  un'infanzia agiata e convenzionale. Apertamente omosessuale, sfoggiava 
  insieme alle sue relazioni con i maschi della classe operaia, idee marxiste e 
  godeva dei segni evidenti dello sfascio dell'Impero inglese. Grazie 
  all'aspetto attraente ed al carattere aperto e disinibito, riuscì ad 
  allacciare stretti rapporti con numerosi personaggi di spicco del mondo 
  universitario mentre ancora studiava, e con personalità politiche in seguito. 
  Alla fine del '35 divenne l'assistente personale di un giovane deputato 
  conservatore talmente di destra da venire definito un fascista. Dopo qualche 
  anno trascorso come produttore presso la BBC (la radio nazionale inglese), 
  ottenne un incarico al SIS nella sezione D e poi nel SOE, ma fu presto 
  licenziato a causa del suo carattere indisponente. Burgess fu elemento chiave 
  nel reclutamento di un altro dei magnifici cinque, Anthony Blunt. 
  È morto a Mosca nel 1963.  
   
   
  
 
       
       Anche Donald McLean apparteneva ad una famiglia benestante e aveva un curriculum simile agli altri: brillante studente di Cambridge, di idee apertamente di sinistra, quando gli fu prospettata l'ipotesi di lavorare contro il sistema capitalistico usò il classico espediente: rinnegò esplicitamente le sue idee comuniste. Nel 1935, 
  dopo aver superato durissimi esami di 
  ammissione, riuscì a diventare funzionario diplomatico di Sua Maestà  presso la Società delle Nazioni e a intraprendere una folgorante carriera:  nel 1950, a soli 34 anni, era già Primo Segretario dell'Ambasciata britannica a Washington, anche grazie al determinante appoggio dell'amico Philby. Sposato con Melinda (che poi, negli anni di Mosca, sarebbe diventata la compagna di Philby) aveva un'intensa relazione omosessuale con Guy Burgess.  
  Fu proprio quanto tutti e tre si ritrovarono a lavorare a Washington che vi furono i primi sospetti, in particolare su Burgess e McLean: i due furono smascherati, ma Philby, uscito indenne dall'inchiesta, riuscì a farli fuggire in URSS.  
  Insieme, e ormai al sicuro, i due appariranno in una clamorosa conferenza stampa in cui attaccarono duramente la politica delle potenze occidentali, spiegando così i motivi della loro scelta. 
  Il suo soggiorno moscovita non fu attivo come quello di Philby: si lasciò andare all'alcol, ruppe ogni contatto coi vecchi amici, e morì in solitudine.  
   
 
 Anthony Blunt, pur 
  avendo aderito già da giovanissimo alle idee marxiste, forse non avrebbe mai avuto 
  la determinazione di passare dalle idee ad un'azione vera e propria: fu 
  Burgess a convincerlo, sfruttando l'ascendente che godeva nei suoi confronti. 
  L'attrazione che Burgess esercitava su Blunt era sia di natura sessuale che 
  intellettuale; Blunt era conquistato dalla vivacità di spirito e dalla 
  competenza in materia politica dell'amico ed eseguiva tutto ciò che Burgess 
  gli consigliava di fare. Dopo aver seguito un corso per capitano della polizia 
  militare di sicurezza, fu impiegato nel controspionaggio del SIS col compito 
  di sorvegliare le ambasciate dei paesi neutrali.  
  Successivamente  la sua attività spionistica si attenuò, dato che non aveva seguito - come i suoi amici - il percorso della diplomazia: divenne un brillante studioso dell'arte (a proposito: sono suoi due fondamentali studi sull'Italia, Le   teorie artistiche in Italia. Dal Rinascimento al Manierismo, Einaudi, e Architettura barocca e rococò a Napoli, Electa) e riuscì a tenersi al riparo da tutte le inchieste  freneticamente tese a scoprire "il quarto uomo" (ma ce n'era anche un quinto...) che aveva collaborato col micidiale trio Burgess-McLean-Philby. Negli anni '60 venne insignito del titolo di baronetto e divenne addirittura il consigliere artistico della Regina, così, quando finalmente il suo ruolo spionistico venne scoperto, si preferì mettere tutto a tacere, per evitare lo scandalo, e Sir Blunt potè godersi tranquillamente la vecchiaia. Alla sua figura sono ispirati il bellissimo romanzo di John Banville, L'intoccabile (Guanda, 1998) ed il film con Anthony Hopkins Blunt - Il quarto uomo (John Glenister, 1986).  
   
  Il quinto uomo, l'ultimo ad essere identificato 
  ufficialmente e riguardo al quale sono state scritte moltissime pagine nel 
  tentativo  di svelarne l'identità (a lungo si sono fatte mille ipotesi: dal Direttore del MI5 fino al Primo Ministro laburista Harold Wilson), è John Cairncross, il cui nome 
  viene rivelato per la prima volta da Oleg Gordievskij nel libro La storia segreta del KGB,  Rizzoli.  
  Cairncross, proveniente da Glasgow, studiò a Cambridge dove uno dei suoi 
  supervisori per la letteratura francese era Anthony Blunt il quale, notate le 
  sue tendenze dichiaratamente comuniste, lo segnalò a Burgess. Nel '36 dopo aver 
  reciso ogni contatto con il Partito Comunista Britannico, Cairncross fu assunto al 
  Foreign Office e due anni dopo passò al Ministero del Tesoro. Sembra che 
  Cairncross sia stato il primo agente infiltrato a dare notizia ai sovietici 
  della decisione di inglesi e americani di costruire la bomba atomica. Stalin, 
  saputolo, dette subito ordine ai suoi fisici di lavorare allo stesso progetto 
  e al tempo stesso sguinzagliò le sue migliori spie perché sottraessero il 
  maggior numero di informazioni in merito.  
  Durante la guerra Cairncross riuscì 
  a trasmettere quasi tutta la documentazione sulle strategie pianificate da 
  Churchill nel War Cabinet, il Consiglio di Guerra, e sui comitati scientifici 
  creati per studiare l'applicazione della scienza allo sforzo 
  bellico: celebre il  GCHQ (Government Communications Head Quarter, Quartier Generale Governativo per   le Comunicazioni), dove vennero impiegati, nell'ordine di diverse migliaia - oggi intorno a 15.000 - i migliori cervelli, soprattutto matematici, ingegneri e linguisti, per analizzare le trasmissioni radio delle forze armate e dei servizi segretii dell'Asse e  decifrare i formidabili codici tedeschi generati da Enigma.  
   
  Così grazie al quinto uomo (e forse a un sesto...) i sovietici si fecero un quadro 
  molto preciso della politica britannica.  
  
  
  Per anni i cinque di Cambridge condussero una doppia 
  vita: di giorno portavano avanti il lavoro ufficiale e di notte fotografavano 
  i codici, ricopiavano i dispacci, trasmettevano le informazioni che avevano 
  raccolto durante lo svolgimento del proprio lavoro e nello stesso tempo dovevano 
  adottare tutti gli accorgimenti opportuni per non venire smascherati.  
  Le 
  manovre rocambolesche e i singolari espedienti che fanno sorridere nei film 
  sulle spie, non sono sempre frutto della fantasia dei registi. Un giorno Kim 
  Philby, durante la sua permanenza in Spagna, fu fermato e perquisito dai 
  fascisti; in tasca aveva un foglietto con il numero di codice assegnato 
  dall'NKVD: l'unico modo per non farlo cadere in mano ai poliziotti fu quello 
  di mangiarselo.  
   
  L'apporto che i Cinque di Cambridge insieme ad altre spie 
  infiltrate diedero alla sigint sovietica (Signal Intelligence indica la tecnica di decodificazione dei dispacci segreti dei 
  governi stranieri o nemici), negli anni Trenta e poi durante la seconda guerra 
  mondiale, fu notevole. Si può dire che, per la quantità sorprendente di 
  informazioni che trasmisero agli analisti russi in circa 15 anni, la resero 
  ancora una volta il sistema informativo più forte del mondo.  
  Durante la 
  guerra, mentre i servizi segreti inglesi e americani erano impegnati ad 
  operare contro un unico nemico cioè la Germania, la Russia continuava a tenere 
  sotto stretto controllo sia l'antica nemica, la Gran Bretagna, sia gli Stati 
  Uniti che cominciavano ad acquisire un ruolo sempre più rilevante nell'assetto 
  mondiale. Mentre però a Whitehall gli agenti sovietici erano riusciti a 
  penetrare in un solo ministero, in USA l'OSS (Office of Strategic Services), predecessore della CIA, non 
  aveva quasi più segreti per loro e lo stesso avveniva per l'ambasciata 
  americana a Mosca. 
   
  Infatti negli anni Trenta le misure di sicurezza 
  prese dagli Stati Uniti nella trasmissione dei loro dispacci erano 
  praticamente nulle e la maggior parte dei diplomatici americani non si rendeva 
  conto della portata dello spionaggio russo. Non si faceva caso ad esempio alle 
  ragazze gentilmente fornite dall'NKVD per l'intrattenimento dei militari o 
  degli agenti dell'ambasciata nella capitale sovietica e fino alla fine della 
  guerra nessuno pensò a perquisire gli uffici in cerca di microfoni. Nel 
  contempo a Mosca gli Stati Uniti non avevano nessun agente infiltrato. Nel '43, 
  anzi, il generale Donovan, capo dei servizi segreti americani, propose una 
  collaborazione tra l'OSS e l'NKVD. Il patto, che fu accolto con entusiasmo dai 
  russi, prevedeva uno scambio reciproco di informazioni, la costituzione di 
  un'agenzia dell'OSS a Mosca e una dell'NKVD a Washington (che non avvenne mai 
  perché sia Roosevelt che il capo dell'FBI si opposero) e l'unione delle forze 
  per attuare misure repressive contro il nemico comune, la Germania. Secondo 
  Andrew e Gordievskij, l'OSS dava molte più informazioni di quante ne 
  ricevesse. Inoltre i russi fornivano notizie importanti solo se potevano 
  ricavarne una qualche utilità; ad esempio nel settembre del '44 l'NKVD fornì 
  agli USA l'elenco di alcuni insediamenti nemici in Polonia e in Germania 
  Ovest, ma solo nella speranza che gli americani le bombardassero.  
   
  Nel 1945 il 
  neo presidente americano Truman decise di sciogliere l'OSS; fu un duro colpo 
  per i russi che videro licenziare tutti i loro agenti infiltrati. Anche in 
  Gran Bretagna dopo la fine della guerra furono smobilitati il SOE e il Centro di 
  Informazioni, cosicché Blunt ed altre spie dovettero lasciare il SIS.  
  La 
  situazione fu aggravata dalla defezione di molti agenti sovietici: infatti 
  l'ondata di entusiastica passione per il socialismo che aveva animato molti 
  giovani negli anni trenta, era quasi del tutto svanita alla fine della guerra 
  e l'ossessione per i complotti aveva ricominciato ad albergare nell'animo di 
  Stalin unitamente all'ansia di primeggiare non solo rispetto alla Gran 
  Bretagna, ma ormai anche, prepotentemente, rispetto agli Stati Uniti che nel 
  1947 avevano fondato una nuova organizzazione di servizi segreti: la Central 
  Intelligence Agency (CIA).  
  
Furono 
  le armi atomiche la prima grande sfida lanciata dagli Stati Uniti e su cui i 
  russi dovettero misurarsi. Berija, capo dell'NKGB, nuovo nome dei servizi 
  segreti sovietici, mentre torchiava il responsabile del progetto atomico, 
  Kurcatov, perché sperimentasse la bomba atomica il più in fretta possibile, 
  nello stesso tempo ordinava a tutte le spie occidentali, come priorità 
  assoluta, di occuparsi delle informazioni sugli ordigni che erano esplosi su 
  Nagasaki e Hiroshima. Un ruolo di primo piano nel furto delle informazioni fu 
  ricoperto a Washington da Donald McLean il quale, come membro dell'ambasciata 
  britannica, aveva accesso all'Atomic Energy Commission dove prese a fare delle 
  puntatine notturne. La prima bomba atomica sovietica fu sperimentata nel 
  settembre del 1949, ma Stalin e Berija non si perdonarono mai di essere 
  arrivati secondi e vissero perennemente nel timore che gli americani fossero a 
  conoscenza di segreti nucleari a loro ignoti.  
   
  Fino agli anni '50 
  comunque il servizio segreto sovietico in quanto a raccolta delle informazioni 
  e penetrazione di agenti, prevaleva nettamente sul SIS e soprattutto sulla 
  neonata CIA, grazie al fatto di non avere mai interrotto la sua attività 
  durante la guerra, ma soprattutto perché fino al 1951 poté contare sulla 
  collaborazione dei cinque di Cambridge,  i migliori agenti infiltrati che 
  un servizio segreto a quei tempi potesse vantare.  
  Burgess, ad esempio, per 
  quanto logorato dalla doppia vita che conduceva, tanto che alcuni sospettavano 
  che fosse tossicodipendente, era stato ammesso nell'Information Research 
  Departement, nuovo organismo britannico creato con lo scopo di controbattere la 
  guerra psicologica sovietica; grazie a Burgess il dipartimento fu 
  compromesso completamente. Inoltre molti dei tentativi fatti da Gran Bretagna 
  e Stati Uniti di inviare agenti in Russia e nei paesi baltici perché si 
  infiltrassero e inviassero informazioni segrete, fallirono: l'NKGB riusciva 
  infatti quasi sempre ad intercettarli in seguito a segnalazioni di talpe 
  attente e ben addestrate come Philby, a catturarli e quindi ad usarli per 
  trasmettere informazioni false alla controparte.  
  Talvolta però, com'era tipico 
  dei sovietici, si cadeva in esagerazioni; nel '54 il SIS chiese ad alcuni suoi 
  agenti infiltrati, ma in realtà catturati dai russi, di inviare un campione 
  d'acqua di un fiume in Russia presso il quale si sospettava ci fosse una 
  centrale nucleare. I sovietici inviarono il campione d'acqua che però risultò 
  possedere una concentrazione tale di radioattività che non poteva essere stato 
  prelevato che da un reattore nucleare. 
   
  Gli inglesi non solo riconobbero 
  l'inganno, ma si resero conto che l'URSS manipolava i loro agenti.  
  Nel 1951 
  MacLlean, Burgess e Cairncross, furono costretti a uscire di scena. MacLlean e 
  Burgess fuggirono in Unione Sovietica appena prima di essere 
  smascherati. Gli americani infatti erano riusciti a sfruttare alcune piccole 
  crepe nella sicurezza dei codici sovietici per intercettare ed interpretare 
  molti messaggi cifrati. Fu un grande passo avanti nello sviluppo della 
  tecnologia americana se si pensa che per interpretare un messaggio sovietico 
  era necessario sostituire ad ogni parola o addirittura ad ogni lettera, un 
  numero di cinque cifre dato da un codice, quindi ad ogni numero bisognava 
  aggiungerne un altro di altrettante cinque cifre tratto da un codice sempre 
  diverso di cui  esisteva solo una copia a Mosca.    
   
  Grazie a 
  queste decodificazioni, si individuò l'esistenza di una talpa tra le file 
  britanniche a Washington e nel '51 le maglie della rete si strinsero sempre 
  più attorno a McLean, il quale si accorse che ormai da mesi nessun collega gli 
  consegnava più alcun tipo di documentazione. Burgess, che da qualche tempo 
  lavorava negli Stati Uniti, spaventato a morte per la situazione, fu fatto 
  defezionare insieme a McLean. Cairncross invece si dimise dal Ministero del 
  Tesoro in seguito ad un imperdonabile errore di Blunt: questi, dopo la fuga di 
  Burgess, fu incaricato dal SIS di perquisire l'abitazione del fuggitivo ma 
  naturalmente sfruttò l'occasione per nascondere alcuni documenti 
  compromettenti; ma non notò parecchi fogli che nominavano e coinvolgevano 
  Cairncross, il quale, interrogato, non poté nascondere di avere trasmesso 
  alcune informazioni alla Russia, ma riuscì a non rivelare la sua identità di 
  spia. Si trasferì in Nordamerica e poi a Roma dove lavorò presso la FAO (Fondo 
  per l'agricoltura e l'alimentazione) fino al 1964, anno in cui durante un 
  ennesimo interrogatorio fu costretto a scoprire tutte le sue carte. 
   
  Per 
  quanto riguarda Philby, in seguito alla fuga di Burgess, con cui aveva sempre 
  avuto stretti rapporti, fu sottoposto a processo e, sospettato di spionaggio, 
  allontanato dal SIS; anche se non poterono incriminarlo per mancanza di prove, 
  tutti, tranne una piccola schiera di amici intimi, erano convinti della sua 
  colpevolezza. Il 5 settembre 1953 moriva Stalin e nel marzo dell'anno dopo il 
  servizio segreto sovietico fu riorganizzato e prese il nome di Komitet 
  Gosurdarstvennoij Bezopasnosti, ossia il Comitato della Sicurezza di Stato, 
  abbreviato con la sigla KGB e posto sotto il comando del generale Serov. Nel 
  '53 venne anche costruita una nuova sede dell'ambasciata americana a Mosca in 
  via Ciaikovski all'interno della quale si trovava la sezione moscovita della 
  CIA. La sorveglianza durante i lavori di costruzione perché non venissero 
  installati microfoni, fu serratissima eppure i funzionari che lavoravano e 
  dimoravano nell'edificio si accorsero presto che le pareti delle stanze 
  emettevano degli strani fruscii. Gli americani insomma non avevano scampo 
  contro la collaudata sigint sovietica e per quanto avessero costruito 
  una serie di tunnel che si diramava da Berlino Ovest per l'intercettazione 
  delle comunicazioni telefoniche dell'URSS e della Germania Orientale, la 
  quantità di informazioni raccolte non era mai pari a quella nemica. Dovettero 
  così intraprendere altre strade; una di queste fu quella della ricognizione 
  aerea. Nel 1955 il presidente Eisenhower propose all'URSS di attuare la 
  politica dei "cieli aperti" con la quale entrambe le parti avrebbero potuto 
  controllare la situazione militare opposta. La Russia rifiutò la proposta, ma 
  gli USA, noncuranti della volontà degli avversari, cominciarono a sorvolare i 
  cieli sovietici con aerei tipo U2 e dopo alcuni mesi misero in orbita il primo 
  satellite spia. 
   
    In questi anni fu anche ingaggiato il primo grande 
  agente infiltrato sovietico, il colonnello Oleg Vladimirivic Penkovskij. Buon 
  amico di Serov, fornì agli americani 5500 foto dei missili e dell'artiglieria 
  terrestre sovietica, le valutazioni aggiornate dei missili balistici 
  intercontinentali, le fasi di allerta, la sequenza di lancio, il grado di 
  precisione e i difetti dei missili. Tra americani e inglesi, erano trenta gli 
  analisti impegnati nella valutazione dei soli dati forniti da Penkovskij. 
  Grazie a questo materiale e alle riprese fotografiche degli aerei-spia U2, gli 
  americani nel '62 riuscirono ad intervenire tempestivamente nella crisi 
  cubana, quando cioè i sovietici, dopo avere appoggiato il governo di Castro, 
  installarono segretamente a Cuba, a sole 90 miglia dalla costa della Florida, 
  dei missili nucleari puntati sugli USA. Elemento cruciale per la copertura 
  della missione fu la residenza del KGB a Washington che fu incaricata, tra 
  l'altro, di mantenere un canale per le comunicazioni tra Mosca e la Casa 
  Bianca con lo scopo di disinformare.  
   
  Quando però gli americani 
  scoprirono l'esistenza dei missili, la stessa residenza dovette cambiare 
  politica e tentare il tutto e per tutto per salvare le apparenze e mantenere 
  intatto il dialogo USA-URSS. Intanto il presidente americano Kennedy ordinava 
  la formazione di un Comitato preposto alla soluzione della crisi e il 22 
  ottobre imponeva il blocco navale per impedire che i rifornimenti bellici 
  arrivassero ai sovietici a Cuba. Nel 1963 Penkovskij, sospettato di spionaggio 
  a seguito di una serie di comportamenti anomali, fu pedinato. La famiglia che 
  viveva sopra l'appartamento del colonnello fu mandata in vacanza e così gli 
  agenti del KGB poterono praticare un piccolo foro sul pavimento inserendovi un 
  obiettivo miniaturizzato dal quale riuscirono a riprenderlo mentre adoperava 
  macchine fotografiche e manipolava cifrari.
   
  Per la prova decisiva di 
  colpevolezza era però necessario perquisire il suo appartamento e ciò fu possibile 
  farlo spedendo il sospettato in ospedale per un breve periodo dopo avergli 
  provocato una 
  lieve ma fastidiosa indisposizione tramite una sostanza tossica somministrata attraverso la sedi. Ottenute le prove necessarie, nel '63 
  Penkovskij fu arrestato,  torturato e fucilato.  
  Dalla metà degli 
  anni '60 l'URSS non ebbe più agenti brillanti, ideologicamente e 
  politicamente coinvolti come lo furono i Magnifici Cinque, insieme a pochi 
  altri. Perlopiù si trattava di piccoli criminali in cerca di una vita fatta di 
  azioni eclatanti, fama e denaro.
  
    
Bibliografia 
  FAQ (Frequently Asked Questions - Domande frequenti)  
  
      | 
                      Enrico Franceschini 
                      Il sesto uomo  | 
   
 
“Per tradire bisogna appartenere e io non mi sono mai sentito di appartenere alla Gran Bretagna”. Potrebbe essere questo l’epitaffio sulla tomba di George Blake, l’agente segreto britannico che fece a lungo il doppio gioco con l’Urss. La sua morte all’età di 98 anni, annunciata stamane a Mosca dall’Svr, il servizio di spionaggio russo diventato l’erede del Kgb sovietico, chiude in un certo senso il capitolo delle “guerre di spie” che hanno contrassegnato l’era della Guerra Fredda. 
  Arrestato nel 1961 a Londra e condannato a 42 anni di carcere, uno per ogni 007 inglese da lui tradito e mandato a morire, secondo quanto scrissero i giornali dell’epoca, nel 1966 Blake fu protagonista di un’altra incredibile avventura, riuscendo a evadere dal carcere, attraversare la Manica su un traghetto, nascosto dentro un furgone, passare la cortina di ferro fra le due Germanie e ricongiungersi con i suoi operatori sovietici a Berlino est. Da allora ha sempre vissuto in Russia, dove ha ricevuto le più alte onorificenze nazionali, l’Ordine di Lenin e l’Ordine della Bandiera Rossa. 
  Con la fuga a Mosca si lasciò alle spalle una moglie, che ottenne il divorzio “in absentia”, e tre figli. Più tardi si era risposato con una cittadina russa da cui ha avuto altri figli, ma in anni recenti aveva potuto ristabilire un contatto anche con i figli dal primo matrimonio. La sua dichiarazione di non sentirsi britannico aveva qualche fondamento: nato in Olanda dove rimase fino ai 13 anni, trascorse il periodo del liceo in Egitto con una zia dopo la morte del padre, un ebreo sefardita naturalizzato britannico, e soltanto con l’iscrizione all’università di Cambridge iniziò a vivere in Inghilterra. 
  Dopo avere partecipato alla Seconda guerra mondiale entrò nel servizio diplomatico e, anche grazie alla conoscenza delle lingue, tra cui il russo, venne presto arruolato dall’Mi6, il servizio di spionaggio del Regno Unito. Nella sua autobiografia, scritta dopo la defezione in Unione Sovietica, raccontò di essere diventato comunista durante la guerra di Corea, quando catturato dai nord-coreani assistette ai bombardamenti americani di villaggi di poveri contadini. Fu allora che il Kgb sovietico, venuto a conoscenza che una spia inglese era prigioniera dei nord-coreani, lo contattò e stabilì con lui una fruttuosa collaborazione. 
Rilasciato e accolto in patria come un eroe, Blake ha continuato a lavorare per l’Mi6, fornendo clandestinamente informazioni ai russi. Forse gli agenti da lui rivelati a Mosca non furono 42 come gli anni della sua sentenza, ma sono stati certamente numerosi. Tra l’altro segnalò ai russi l’esistenza di una talpa nelle loro file, un agente che faceva il doppio gioco per la Cia, e aiutò la Stasi a scoprire un tunnel sotto il muro di Berlino. Per quanto il Kgb cercasse di proteggerlo, l’Mi6 iniziò ad avere sospetti, lo richiamò da una missione in Libano e lo arrestò. Sorprendentemente, nel corso dell’interrogatorio Blake rese una piena confessione, ammettendo di essere un doppiogiochista per i sovietici. Non per denaro o per un ricatto: per libera scelta ideologica. 
Dopo la rocambolesca fuga dalla prigione londinese di Wormwwod Scrubs, riuscita grazie a due complici dietro le sbarre, quando aveva 39 anni, in Urss ha preso la cittadinanza sovietica ed è rimasto al servizio del Kgb. Raggiunta l’età della pensione, il governo russo gli ha conferito una dacia alle porte della capitale, dove ha vissuto fino alla morte con la moglie. A Mosca frequentava due delle altre famose spie inglesi che fecero il doppio gioco per i sovietici, Kim Philby e Donald Maclean, anch’essi fuggiti oltre cortina dopo essere stati scoperti, ma non faceva parte dei cosiddetti “Cambridge Five”, i cinque studenti della prestigiosa università passati nelle file del comunismo: a differenza di loro, non era abbastanza "posh", non proveniva dall'alta società. E a differenza di Philby e Maclean, aggiungono i suoi biografi, in Russia non si perse nell’alcolismo, riuscendo ad avere un’esistenza abbastanza normale e, per quanto se ne sa, felice. 
  Soffriva per il crollo del comunismo, a cui era rimasto sempre fedele, ma diceva: “Ormai sono quasi cieco e non vedo quello che può rattristarmi”. Come Philby e gli altri di Cambridge, anche la sua vicenda ha ispirato numerosi film e romanzi. Se davvero George Blake non si sentisse di “appartenere alla Gran Bretagna”, rimane un mistero: era lui a sostenerlo pubblicamente, ma una spia – come è noto – non dice mai fino in fondo la verità. Talvolta neanche a se stesso. 
Repubblica 26.12.2020 
 
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