La rivista Il Borghese non ha niente a che vedere con Junio Valerio Borghese (che essendo principe...), ma per assonanza, linguistica e politica, ne parliamo qui.
Il periodico fu fondato nel 1950 da Leo Longanesi, giornalista, scrittore, e fondatore nel 1946 della casa editrice.
Un esponente di primo piano del mondo culturale conservatore: egli, infatti, non si riconosceva nella nuova Italia repubblicana e aveva come riferimento la borghesia colta prefascista, che riteneva essere stata la migliore classe dirigente, altro che la corrotta piccola borghesia democristiana o le sinistre chi al servizio di Mosca e chi in cerca di bottino.
Riunendo intorno a sé un nutrito gruppo di intellettuali anticomunisti (tra cui Prezzolini, Montanelli, Savinio), Longanesi fece de Il Borghese una sorta di cenacolo di quella cultura che voleva contrastare l'antifascismo inteso come movimento politico-culturale orientato dal PCI.
L'impronta moderata e conservatrice era evidente sia nella scelta degli argomenti (con uguale attenzione alle questioni letterarie e a quelle strettamente politiche) sia nell'impostazione grafica, con disegni presi dalla vasta e importante produzione ottocentesca e con illustrazioni create dallo stesso Longanesi.
Questa particolare cura nell'iconografia venne mantenuta anche dopo la
morte di Longanesi (1957), e, anzi, divenne un tratto distintivo, con copertine di grande efficacia e modernità (e senza Photoshop), che spesso usavano furbescamente immagini un po' osé, e che in generale rispecchiavano la svolta impressa dal nuovo direttore: il fascista Mario Tedeschi, già effettivo della X Mas, poi piduista e collaboratore dei servizi segreti, e dalla magistratura indicato nel 2020 (insieme a Licio Gelli, Federico Umberto D'Amato e Umberto Ortololani) come "uno dei mandanti, organizzatori o finanziatori della strage di Bologna".
Tedeschi e la sua vice, Gianna Preda, fecero del giornale (e della casa editrice che si aggiunse ad esso) un vivacissimo strumento di controinformazione di destra, realizzando vere e proprie inchieste sul malgoverno democristiano, ma non rinunciando a uscite propagandistiche ferocemente anticomuniste, in cui si mescolavano intelligenza grafica e volgarità.
Quando Tedeschi uscì dal MSI, di cui era senatore, il periodico mutò la linea politica in senso molto più moderato e progressivamente la tiratura diminuì fino alla chiusura delle pubblicazioni (1993).
Delle successive riedizioni
poco importa.
Qui di seguito alcune delle famose copertine: non quelle, spesso bellissime, curate da Longanesi, ma le successive.
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