LA REPUBBLICA PARTIGIANA DELLA CARNIA

60° ANNIVERSARIO
- Treppo Carnico, 9 ottobre 2004

Pieri Stefanutti

3. LÂ E VIODIU RIVÂ. Lo sfollamento dell’ottobre 1944 e l’occupazione cosacca della Valle del Lago (sintesi)


Con queste note, intendo illustrare soprattutto una delle situazioni più rilevanti, e sinora meno conosciute, relative all’occupazione cosacca: lo sfollamento imposto alla popolazione civile nei Comuni di Trasaghis e Bordano, un ordine imposto dai nazisti per fare in modo che, nei paesi della Valle del Lago, l’occupazione cosacca avesse un carattere di assoluta predominanza.

1) NOTE STORICHE DI INQUADRAMENTO GENERALE

Contro la minaccia costituita dalle forze della Resistenza, per riprendere il controllo sul territorio e garantirsi la sicurezza di transito sulle principali vie di comunicazione, le autorità militari naziste determinarono di attuare una vasta azione di rastrellamento per debellare il movimento partigiano, affidando successivamente a unità collaborazioniste il compito di occupare stabilmente i centri abitati e mantenervi un saldo presidio . A questa incombenza vennero designati i cosacchi e i caucasici, popolazioni sradicate a causa della guerra dalla loro terra di origine e trasportate in Friuli al servizio del progetto nazista.
A queste genti era stato assicurato dai nazisti il ritorno alle terre di origine in un contesto di larga autonomia o, in subordine, l'assegnazione di nuovi territori. È questo, in sostanza, il tenore del noto proclama del 10 novembre 1943 del ministro per i territori occupati dell'Est Rosenberg e del comandante della Wehrmacht Keitel che diede origine al mito del "Kosakenland in Nord Italien”.
La decisione formale di inviare i cosacchi in Italia venne presa nel luglio del '44, quando Globocnik firmò col generale cosacco Domanov un accordo che, autorizzando l’insediamento in Friuli, riservava un duro trattamento alle popolazioni locali, determinandone in qualche caso l'allontanamento coatto e in altri la coabitazione forzata con i cosacchi. Di lì a poco si giunse all'attuazione pratica delle direttive, con l’autorizzazione al trasferimento di 4.000 caucasici e 18.000 cosacchi nel Litorale Adriatico. Ebbe così inizio l' "Operazione Ataman", con la preparazione delle tradotte che avrebbero portato, dopo un viaggio di settimane, i cosacchi in Italia.

2) CENNI SULL’ATTIVITÀ DELLA RESISTENZA NEL COMUNE DI TRASAGHIS

Le azioni di guerriglia portate avanti dalle formazioni partigiane della Valle del Lago (soprattutto il Btg. garibaldino Matteotti e il Btg. Osovano Friuli) nella primavera-estate del 1944 furono numerose.
Tra le principali possono essere ricordate:

- la distruzione dei registri anagrafici dei comuni di Forgaria (3 marzo), Trasaghis (5 marzo), Cavazzo e Verzegnis (6 marzo), Bordano (28 giugno ) per impedire il reclutamento nelle armate della RSI;
- il sabotaggio alla ferrovia a Venzone (4 giugno), a Gemona (12 giugno) e ad Artegna (17 giugno); l'incendio di un treno merci alla stazione di Gemona (28 giugno); l'attacco allo scalo merci di Gemona (10 luglio); la distruzione di un convoglio ferroviario alla stazione di Gemona (30 luglio); la distruzione del ponte di Flagogna col definitivo sabotaggio della linea di comunicazione ferroviaria Gemona-Pinzano (26 settembre).
- l'interruzione del ponte di Braulins (25 giugno e 27 luglio);
- il sabotaggio alla polveriera del "Recupero" di Osoppo con ingente prelevamento di esplosivo e materiali (16 luglio);
- il sabotaggio al cantiere della Todt a Ospedaletto di Gemona (16 settembre).
Fu dunque un'azione complessiva di notevole levatura che, specialmente attraverso il sabotaggio delle linee di comunicazione, portò a far sì che "la destra del Tagliamento fu zona proibita per il tedesco"; alla fine dell'estate la Valle del lago venne pertanto a costituire l'estrema propaggine meridionale del territorio della zona libera carnica.

2.1 L'arrivo dei Cosacchi

Le truppe cosacche e caucasiche giunsero in Italia, con migliaia di cavalli, carriaggi e masserizie, attraverso la linea ferroviaria Villach-Tarvisio, a partire dal 20 luglio 1944, con una serie di arrivi di convogli che si protrasse in maniera continuativa sino al 10 agosto, per poi assumere carattere di sporadicità. La principale località di smistamento fu Stazione per la Carnia, tra Venzone ed Amaro, dove giunsero complessivamente una cinquantina di treni; altri contingenti fecero scalo alle stazioni di Pontebba e di Gemona.
Da Carnia le truppe si mossero inizialmente in due direzioni: a nord verso Amaro e a sud verso Osoppo. Prima dell'occupazione dei paesi, per circa un mese e mezzo, i cosacchi stazionarono dunque nella piana di Amaro, tra il Tagliamento ed il paese e a Osoppo, attorno alla storica fortezza. Altri gruppi presero stanza a Gemona occupando, sotto il controllo tedesco, alcuni edifici pubblici, come le scuole. Nella stessa Gemona venne fissata la sede del comando del maggiore generale T. I. Domanov.
Migliaia di persone provate dal lungo, estenuante viaggio, cercarono una sistemazione provvisoria in diverse località, tentando di provvedere autonomamente alla soluzione delle necessità più impellenti, giacché praticamente nulla era stato predisposto per garantire mezzi di sostentamento e di assistenza adeguati. Fu così che reparti a cavallo cominciarono a battere le campagne e i centri abitati, razziando tutto quello che poteva servire a garantire un minimo di sopravvivenza.

2.2 La risposta partigiana

L'arrivo delle formazioni cosacche non costituì, inizialmente, un fattore pienamente valutato da parte delle forze della resistenza che, probabilmente, non riuscirono a valutare interamente il carattere antipartigiano dell'iniziativa. Contro i convogli e le tradotte giunte in Friuli attraverso la ferrovia non venne praticamente tentato alcun attacco o sabotaggio. Solo in un secondo momento, di fronte al concretarsi dell'insediamento, con la stabilizzazione dei centri di raccolta, vennero avviate alcune azioni di sabotaggio. L’azione più importante avvenne nella notte tra il 26 e il 27 agosto del 1944 quando i partigiani garibaldini dei Btg. Matteotti e Stalin sferrarono un attacco contro i cosacchi attestati nelle scuole di Campagnola di Gemona.

3) L’ASSALTO ALLA ZONA LIBERA

Nella mattinata del 2 ottobre, il colonnello De Lorenzi, comandante della M.D.T., guidò l’attacco contro le forze partigiane del Comune di Trasaghis. Le formazioni attaccanti erano composti da due compagnie della MDT, due compagnie di un Battaglione di Polizia tedesco ed elementi di Questura e Prefettura (in tutto quasi 500 uomini, bene armati e con alcune autoblindo). Dopo un intenso cannoneggiamento, le truppe attraversarono il Tagliamento, vanamente contrastate dalle forze partigiane. Venne così occupata Braulins, verso il primo pomeriggio. In serata, dopo intensi scontri, venne occupata anche Trasaghis.

Nella mattinata del 3 ottobre l'attacco riprese in forze contro la zona di Avasinis dove si erano appostati gli uomini del "Matteotti" assieme a quelli del Btg. "Friuli" e al distaccamento "Monte Canin" del Btg. "Libertà". Scontri violenti ebbero luogo al bivio per Peonis e nella zona del cimitero. Dopo tali scontri gli attaccanti ripiegarono su Trasaghis, per riprendere l'assalto la mattina successiva.

Nella mattinata del 4 ottobre i nazifascisti tentarono, un'azione di aggiramento che diede "i risultati voluti senza soverchio spargimento di sangue". Nella nebbia, un gruppo di assalitori riuscì a risalire il versante sud est del Col del Sole, piazzando una pesante sopra le postazioni partigiane. Presi tra due fuochi, i partigiani furono costretti a ritirarsi: i garibaldini presero la direzione del paese di San Francesco, nella Val d'Arzino, gli osovani del "Friuli" cercarono rifugio sugli stavoli del Cuel dal Mus, in una zona impervia sopra Alesso.
I reparti nazifascisti poterono così occupare Avasinis.
Venne subito disposto lo sfollamento di Braulins e di Trasaghis:

"Il De Lorenzi ordinò lo sfollamento di Braulins e non ebbe pietà della popolazione e non dette tempo sufficiente allo sgombero. Permise ed anzi aizzò i suoi sbirri alla devastazione ed al saccheggio. Testimoni oculari gli abitanti di Braulins."
(Feregotto, Memoriale)
Ad Avasinis, grazie all’opera di mediazione di don Zossi, si riuscì ad ottenere una dilazione che poi servì per scongiurare lo sfollamento di Avasinis

Giunti i repubblichini ad Alesso nel primo pomeriggio del 5 ottobre, venne subito ordinato lo sgombero:
"Un colonnello repubblicano, De Lorenzi, volle arrogarsi per primo l'onore di intimare, con volto arcigno, lo sgombero di tutta la popolazione in 24 ore; la sera un comandante teutonico, radunati alcuni uomini, ripeteva l'amara antifona - perché - aggiungeva - c'era stato in paese il comando partigiano.
Le preghiere e suppliche delle donne a nulla valsero, discussioni non erano permesse.
(..) Di sgomberare immediatamente tutti gli ufficiali repubblicani ci predicavano. Ad aumentare il nostro sgomento, alcuni ci dissero che per noi in Germania c'era pronto un villaggio e che ci tenessimo uniti per il nostro meglio. Frattanto entrava nel paese un battaglione di cosacchi ed i tedeschi e i repubblicani se ne andarono."
(Noacco, Da Alesso a Novocerkassk, 1945)

Dopo due giornate di inutili preghiere, lo sfollamento venne reso operativo dall’8 ottobre. Fu così che

"Sotto una pioggia torrenziale parte della popolazione si diresse per Somplago, la massa al di là del Tagliamento, che per disgrazia era in piena e il passaggio appena possibile a piedi per il ponte interrotto, trovando ospitalità a Gemona, Osoppo, Buia, Majano, Comerzo, Villanova di S. Daniele, Flaibano, Ruscletto, Tomba di Mereto, Pantianicco, Grions del Torre, Orsaria, Artegna, Montenars, ecc. ecc.
Rimasero in paese solo alcuni ammalati, impotenti a muoversi e qualche vecchietto non sazio ancora di tenere duro. Il pietoso compito del trasporto degli ammalati fu assolto dal Vicario coll'aiuto del Sac. Santo Tracogna, attraverso un passaggio pericolosissimo, sulle arcate distrutte del ponte del Tagliamento, a mezzo di un minuscolo carrello sospeso su una tenue corda che servì alla ditta Pietro Sacuzin e compagni per il trasbordo del legname. I vecchietti rimasti furono poi dai cosacchi catturati, rinchiusi in prigione e, spogliati di tutto, cacciati
".
(Noacco, Da Alesso a Novocerkassk, 1945)

4) NEL KOSAKENLAND

Dopo la "settimana per la liberazione dei settori monte Brancot e San Simeone", che portò alla sostanziale eliminazione del movimento partigiano nella Valle del Lago e alla conseguente occupazione cosacca, le forze nazifasciste, dall’8 ottobre, diedero attuazione piena alla progettata "Operazione Waldlaüfer" che, in poche settimane, diedero agli hitleriani il pieno possesso della Carnia. Se nella prima operazione vi era stato un minimo apporto da parte delle forze cosacco-caucasiche tale partecipazione si fece via via più consistente. Inizialmente venne impiegata la cavalleria cosacca (soprattutto per l'eliminazione dei residui focolai di resistenza partigiana) e, successivamente, i diversi reparti.
Entro la fine di ottobre erano stati raggiunti e occupati tutti i principali centri delle valli del Tagliamento, del Degano, del But e del Chiarsò. Successivamente (dal 27 novembre al 2 dicembre) l'azione interessò, con analoghi risultati anche le valli dell'Arzino e del Cellina.
All'inizio di dicembre erano stati sostanzialmente raggiunti i traguardi che i responsabili nazisti del Litorale Adriatico si erano posti, vale a dire l'eliminazione del pericolo rappresentato dall'organizzazione partigiana, la garanzia dell'assicurata sorveglianza delle principali vie di comunicazione, il controllo sostanziale della regione garantito dalla presenza delle unità collaborazioniste cosacco-caucasiche.

I rapporti tra i carnici e gli occupanti furono inizialmente difficili, giacché si dovette dare in tempi brevi risposta alle necessità dei nuovi arrivati: alloggiamento, approvvigionamento di derrate alimentari, ricovero e mantenimento del bestiame e degli animali giunto al seguito dei cosacchi.., il tutto aggravato da un atteggiamento di tracotanza assunto dagli occupanti. Successivamente poté subentrare un periodo di relativo assestamento, cosicché la convivenza forzata tra occupanti e popolazione poté instaurarsi lungo criteri di maggiore vivibilità e reciproca comprensione.
Nel territorio occupato vennero create 44 stanitse (presidi a costituzione mista civile e militare). Il quadro generale risulta abbastanza complesso e frammentario, e questo per la diversa matrice etnica e culturale degli occupanti. I cosacchi erano divisi in più eserciti, indicati col nome del fiume che attraversava le terre di origine (cosacchi del Don, del Terek, dell'Ural, del Kuban...); vi erano poi un nutrito gruppo caucasico e sparute minoranze georgiane, armene, turchestane e di altre origini ancora.
Il territorio carnico venne diviso sostanzialmente a metà: la parte settentrionale (con sede di comando a Paluzza) ai caucasici e quella meridionale (con sede di comando a Tolmezzo) ai cosacchi; un contingente georgiano si insediò a Comeglians.
Nelle zone occupate dai caucasici, Paluzza diventò sede del Comando caucasico e del tribunale popolare, a Treppo si istituì un ospedale con 35 posti-letto, con un reparto di chirurgia, uno di medicina e uno di malattie infettive; a Cercivento venne istituito un ricovero per invalidi di guerra; Sutrio diventò sede di una scuola caucasica in Casa Del Moro, così come Paluzza. Ligosullo addirittura ospitò un teatro, mentre a Sutrio venne istituita un’orchestra ed una scuola di ballo. A Paluzza, inoltre, venne allestita una tipografia dove si stampava un giornale in caratteri cirillici, Kazac'ja Zemlja (Terra cosacca) che usciva due volte alla settimana. Nella valle del Tagliamento, a Villa Santina, trovò sede la Scuola Allievi Ufficiali mentre Verzegnis ospitò la residenza del capo supremo delle forze cosacche, l'atamano Krassnov.
Nella zona della Valle del Lago trovarono sede soprattutto contingenti dei Reggimenti del Don (comuni di Trasaghis e Bordano) del Kuban' e del Terek (Cavazzo).
La qualità e la quantità delle formazioni cosacche giunte in Italia suscitarono un palese disappunto anche da parte dei tedeschi, i quali avevano sperato di poter disporre di reparti militari in assetto di guerra da impiegarsi immediatamente nelle azioni contro le forze partigiane e, viceversa, si trovavano di fronte a contingenti nei quali erano predominanti i civili.
Gli occupanti giunsero perfino a mutare il nome originario dei paesi: Alesso divenne Novocerkassk, Cavazzo Carnico Jekaterinodar (o Krassnodar) Trasaghis Novorossisk.

4.1 La situazione degli sfollati

Gli sfollati dei comuni di Trasaghis e Bordano si erano sparsi per ogni dove, dai centri limitrofi non soggetti all'evacuazione (come Avasinis o i paesi del comune di Cavazzo) a località d'oltre Tagliamento (Gemona, Osoppo, San Daniele... e più oltre, sin nella Bassa friulana) raggiunte nella speranza di riallacciare antiche amicizie o conoscenze o, in qualche caso, basate sulle semplice casualità. C'è da dire che, in generale, i profughi erano stati accolti con amicizia ed umana solidarietà, anche se, comprensibilmente, la situazione dei paesi ospitanti non risultava essere sempre semplice. Restò ardua, per parecchi mesi, la possibilità di accertare le reali destinazioni delle famiglie, collegare i diversi gruppi, ricostruire i legami di amicizia e familiarità.
Chi poteva, ogni tanto cercava di rientrare al proprio paese, a controllare la situazione delle proprie case, a cercare, se possibile, addirittura di tornare a seminare i propri campi, nella convinzione che l'occupazione cosacca dovesse essere, per forza di cose, un fenomeno doloroso ma passeggero, che presto avrebbe dovuto, necessariamente, concludersi.
Le difficoltà non erano poche: bisognava superare il posto di blocco al ponte di Braulins (si ricorse anche a lasciapassare falsificati) e le sentinelle che vigilavano all'ingresso di ogni paese. Tanti, comunque, ci riuscirono, e ogni volta riportarono descrizioni e narrazioni sempre più stupite a proposito degli occupanti.
Per poter seguire al meglio la situazione degli sfollati, le amministrazioni comunali di Bordano e Trasaghis tentarono di ricostituire i propri uffici in una zona non pienamente occupata dai cosacchi, segnatamente a Gemona. Qui vennero trasportati quegli incartamenti che si riuscirono a recuperare, indispensabili per dare avvio ad una parvenza di vita amministrativa ufficiale.

5) RIPRESA DELL’ATTIVITÀ PARTIGIANA; IL RITIRO COSACCO

Un altro bombardamento alleato (come accaduto ad Osoppo nel mese di novembre del '44), questa volta sul paese di Alesso, seminò morte e distruzione tra i cosacchi. Si vide arrivare all'improvviso, dalle montagne a nord del paese, un gruppo di 12 aeroplani che, a ondate successive, lasciarono cadere diverse bombe sulle abitazioni.
Andarono distrutte o gravemente danneggiate una ventina di abitazioni. I morti cosacchi, una settantina secondo alcune fonti, vennero sepolti in un piccolo cimitero ricavato in un terreno in località "da pît di Cuel", alle pendici del colle. Alcuni altri morti vennero rinvenuti tra le macerie, a guerra finita.

La conclusione dell'avventura cosacca avvenne lungo due direttrici fondamentali: la parte più numerosa tentò la ritirata, fra la fine di aprile e i primi di maggio, verso l'Austria (dove ciò che rimaneva dell'esercito cosacco venne consegnato dagli inglesi ai russi); un nucleo abbastanza consistente (circa 200-300 persone fra tutti i paesi della Valle del Lago) si consegnò volontariamente o venne catturato dai partigiani, detenuto per qualche giorno in basi in montagna e poi consegnato agli alleati o fucilato da alcune "schegge impazzite" del movimento partigiano in relazione all'eccidio di Avasinis.
Assai rilevante nelle dimensioni l'organizzarsi delle colonne cosacche in ritirata, avvenuta dopo le disposizioni impartite dai comandi cosacchi a seguito di un colloquio a Campoformido tra i generali Krassnov e Wlasov: la partenza dei cosacchi iniziò ad Alesso già dopo il bombardamento del 26 aprile per assumere le dimensioni di fenomeno interessante tutti i paesi della zona nelle giornate fra il 28 aprile ed il 1 maggio.

6) LA STRAGE NAZIFASCISTA DI AVASINIS DEL 2 MAGGIO 1945

Tra la fine di aprile ed i primi di maggio si assistette dunque al ritiro delle formazioni cosacche e naziste della zona.
Ad Avasinis, il 2 maggio 1945, a guerra praticamente conclusa, venne compiuta dai nazisti una strage tra la popolazione civile. Tale eccidio fu opera di una compagnia di circa 250 Waffen SS appartenenti probabilmente alla Karstjäger Brigade (una formazione composita della quale facevano parte anche istriani, altoatesini e friulani). Nel pomeriggio del primo maggio, dunque, il nucleo SS si suddivise, attestandosi parte sul "Montisel" sopra Trasaghis e parte tentando un aggiramento attraverso le montagne sopra Avasinis. La notte trascorse tranquilla. Al mattino del giorno seguente, forse dopo alcune raffiche di mitragliatore sparate dai partigiani, appostati sul ciglione sovrastante il cimitero contro le SS che avanzavano, i nazisti sferrarono un attacco convergente contro Avasinis: penetrarono nel paese da tre direzioni concentriche e, sbaragliate in breve le difese partigiane, diedero atto ad una strage feroce che colpì indistintamente uomini, donne, anziani, bambini: 51 le vittime complessive di quel massacro.
La strage venne interrotta dall'intervento di un ufficiale tedesco, si dice un maggiore che montava un cavallo bianco, verso il mezzogiorno del due maggio. Da quel momento i nazisti, dopo aver anche iniziato a trasportare alcuni cadaveri in un canale poco distante dal paese, si apprestarono a pernottare, dopo aver catturato e imprigionato tutte le altre persone trovate ancora in giro. Al mattino del giorno successivo la squadra di SS abbandonò il paese: parte proseguì compatta, diversi militari cercarono di disperdersi autonomamente, spesso dopo aver indossato abiti civili (non è chiaro se si sia trattato di "diserzioni" o, più probabilmente, di un "rompete le righe" al quale aderirono i militari di origine non germanica, una volta appresa la notizia della capitolazione dell’esercito tedesco in Italia).
La gente di Avasinis poté uscire dai rifugi e dalle stanze ove era stata imprigionata, ridiscendere dalla montagna e iniziare la pietosa opera di recupero delle 51 vittime, indirizzare verso gli ospedali gli 11 feriti.

Mentre ad Avasinis aveva luogo l’eccidio, nelle stesse ore, ad Ovaro, i cosacchi in ritirata, dopo un attacco partigiano, accerchiarono il paese e uccisero diversi partigiani, 8 georgiani che si erano uniti alle forze della Resistenza e 22 civili, fra i quali il parroco don Cortiula.

All'eccidio di Avasinis fece seguito una dura vendetta che sfociò nell'uccisione sia di sbandati dell'esercito nazista sia di cosacchi che non erano riusciti a ritirarsi ed erano stati presi prigionieri dai partigiani.

7) LA FINE DELL’AVVENTURA COSACCA

La maggior parte dei cosacchi che avevano preso dimora nella Valle del Lago seguirono la sorte degli altri gruppi dispersi lungo tutte le vallate carniche: fra la fine di aprile ed i primi di maggio vennero organizzate delle lunghe colonne di fuggiaschi in direzione dell'Austria.
Dopo il difficile superamento del passo di Monte Croce, i cosacchi furono concentrati nella cittadina di Peggetz, nei pressi di Lienz, ove venne allestito un campo di raccolta, sotto il controllo degli inglesi. Vennero loro requisiti cavalli e armi e, generalmente, tenuti per circa un mese in condizioni di isolamento.
Gli accordi tra le grandi potenze prevedevano la riconsegna all'Unione Sovietica di tutte quelle formazioni e quelle popolazioni che si erano schierati a fianco del nazismo: ciò fu fatto senza tener conto di situazioni personali o di giustificazioni storiche collettive. In un primo tempo gli inglesi fecero arrestare i principali ufficiali cosacchi, poi, il primo giugno, venne dato l'annuncio ufficiale dell'imminente riconsegna di tutti i cosacchi all'Unione Sovietica, con il rimpatrio forzato. La notizia, inattesa, fu accolta con scene di panico e disperazione; parecchi tentarono la fuga, trovando a decine la morte nelle acque della Drava.
La maggior parte dei cosacchi venne deportata nei campi di concentramento sovietici in Siberia e condannata a lunghi anni di detenzione. I principali responsabili del movimento cosacco, tra i quali i generali Krassnov e Domanov, vennero processati e giustiziati a Mosca nel 1947.
I cosacchi che riuscirono a evitare il trasferimento in Unione Sovietica cercarono di trovare rifugio lontano dalla terra d'origine (consistenti gruppi cosacchi si ricostituirono, per esempio, negli Stati Uniti, nel Canada, in Australia, in Israele).
La dispersione e la prigionia non riuscirono però a cancellare il senso di identità e di appartenenza del popolo cosacco che riuscì a conservarsi sino a poter riemergere in forma non più clandestina dopo il crollo dell'Urss.
Quanto al Friuli, il ricordo dell'occupazione rimane nella memoria degli anziani e si concreta attraverso alcune sparute testimonianze materiali (icone, armi, oggetti di vita quotidiana…) sopravvissute al tempo e ai danni del terremoto del 1976. Se, sul piano umano, individuale, non furono rari gli episodi di amicizia avviati tra friulani e cosacchi, storicamente il peso dell'invasione rappresentò un fardello che solo faticosamente riuscì a essere superato.

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE


BARBAROSSA (pseud. di TROMBETTA Silvestro), Con il battaglione Matteotti alla battaglia per la Val del Lago (2 ottobre 1944), “Libertà”, 2 ottobre 1946

CANDOTTI Mario, Il battaglione "Stalin", in: "Storia contemporanea in Friuli", anno V, 1975, n. 6, pp.145-168

CANDOTTI Mario, Seconda fase dell'offensiva tedesca contro la Zona Libera del Friuli. Operazioni militari nella destra orografica del Meduna, nell'alta Val Meduna e nelle Prealpi Carniche occidentali (27/XI-8/XII/1944), Storia Contemporanea in Friuli, 8 (1977), pp. 200-264

CANDOTTI Mario, Prima fase dell'offensiva tedesca contro la "Zona libera della Carnia e del Friuli", Storia Contemporanea in Friuli, 9 (1978), pp. 211-268

CANDOTTI Mario, Lotta partigiana tra Meduna, Arzino e Tagliamento: i rastrellamenti dell'autunno 1944, Storia Contemporanea in Friuli, 12 (1981), pp. 11-107

CARNIER P.A., Lo sterminio mancato. La dominazione nazista nel Veneto orientale 1943-1945, Mursia, Milano, 1982

CARNIER Pier Arrigo, L'armata cosacca in Italia 1944-1945, Mursia, Milano, 1990

COLONNELLO Giulio Aldo, Guerra di Liberazione. Friuli, Venezia Giulia, Zone Jugoslave, Udine 1965

CUCCHIARO Giovanni, Trasaghis, a cinquant'anni dallo sfollamento, Voce della Montagna, n.1, gennaio 1995, p. 14 (Pubblicato anche in "Il Mensiliano", inverno 1995, p. 15)

DI RONCO Marina, L’occupazione cosacco-caucasica della Carnia (1944-1945), Tolmezzo 1988

FABBRONI Flavio, L'occupazione cosacca della Carnia e dell'Alto Friuli, Storia Contemporanea in Friuli, 15 (1984), pp. 89-118

FALESCHINI Antonio, L’invasione cosacca in Friuli (agosto 1944-aprile 1945), Sot la Nape, III, 3, maggio-giugno 1951, pp. 1-4

FALESCHINI Antonio, Osoppo e altri paesi nel tormento della guerra 1944-45. Intervento delle autorità e dell'Arcivescovo di Udine Mons. Giuseppe Nogara. Documentazioni, AGRAF, Udine 1968

NOACCO Davide, Memorie di Alesso ...fino a Novocerkassk!, Bollettino Parrocchiale di Alesso, s. d. (pres. 1945)

PATERNÒ Nicoletta, La gente del forte e i cosacchi. Storia di un comune friulano 1944-1945, ed. Magma, Udine, 1994

PICCO Leonardo (TOM), I cavalieri della libertà, dattiloscritto inedito (parzialmente pubblicato in Partigiani sovietici nella Val d’Arzino (a cura di Bruno Steffè), Anpi, Sezione di Spilimbergo, 2002)

PICCO Leonardo (TOM), E il russo riposa lassù, dattiloscritto inedito

SCUOLA MEDIA STATALE DI TRASAGHIS, Cosacchi in Val del Lago, ciclostilato, maggio 1989

STEFANUTTI Pieri, Novocerkask, 40 agns dopo, "Dalès un timp par vivi" n. 2, agosto 1985, pp. 4-5 (ripubblicato col titolo Dalès ossei Novocerkask in Pasche 91, supplemento della "Vita Cattolica" n. 14, aprile 1991)

STEFANUTTI Pieri, Il battaglione Stalin nella Valle del Lago, Biblioteca comunale, Trasaghis, novembre 1986

STEFANUTTI Pieri, Prà Davìda al conta, Dalès un timp par vivi n. 22, agosto 1994, p. 4

STEFANUTTI Pieri, Trasaghis e Bordano, il '44 nel racconto di uno sfollato, Messaggero Veneto, 28 ottobre 1994

STEFANUTTI Pieri, Novocerkassk e dintorni. L'occupazione cosacca della Valle del Lago (ottobre 1944 - aprile 1945), IFSML, Udine, 1995

STEFANUTTI Pieri (a cura di), Avasinis 1943 - 1945. Il diario del Parroco di Avasinis e altre testimonianze sulla seconda guerra mondiale nel territorio di Trasaghis, Comune di Trasaghis, 1996

STEFANUTTI Pieri, Quando il Friuli divenne terra cosacca, "Patria Indipendente", 23 giugno 2001

STEFANUTTI Pieri, Di GIUSTO Stefano, TOMAT Decio, Memorie di un esodo. I giorni dello sfollamento dell’ottobre 1944 e dell’occupazione cosacca nel Comune di Trasaghis, Comune di Trasaghis, 2003