Il giugno-luglio 1960 è
segnato da una gravissima crisi politica: Fernando
Tambroni, democristiano, forma un governo monocolore con i voti determinanti del MSI. La croce uncinata Da molte notti, ogni notte, passo sotto questo tempio, tardi, nel silenzio dell'aria del Tevere, tra rovine scomposte. Non c'è più intorno nessuno, allo scirocco che spira e cade, fioco tra le pietre: forse ancora una donna, laggiù, e dietro il bar di Ponte Garibaldi, due tre poveri ladri, in cerca di dormire, chissà dove. Ma qui, nessuno: passo veloce, rotto da una notte tutta ansia e amore: non ho più niente nel cuore e non ho più sguardo negli occhi. Eppure, quest'immagine, col passare delle notti, si fa sempre più grande, più vicina: ecco lo spigolo, liberty, contro la turchina distesa del Tevere: ed ecco i poliziotti che piantonano il tempio, tozzi e assorti. Li vedo appena, coi loro cappotti grigiastri, contro un albero secco, contro i bui scorci del ghetto: e colgo una breve luce, negli occhi umiliati dal loro goffo sonno di giovinotti: una accecata stanchezza che vede nemici in ognuno, un veleno di dolori antichi, un odio di servi: restano indietro, soli come lo scirocco che vortica tra le pietre. Una vergogna, triste come la notte che regna su Roma, regna sul mondo. Il cuore non vi resiste: risponde con una lacrima, che subito ringhiotte. Troppe lacrime, ancora non piante, lottano, oltre questi umilianti quindici anni, dentro le nostre dimentiche anime: il dolore è ormai troppo simile al rancore, neanche la sua purezza ci consola Troppe lacrime: a coloro che verranno al mondo, per molto tempo ancora questa vergogna farà arido il cuore. Aprile 1960 Le radici del Luglio Sotto questa poesia, ho voluto apporre, ben chiara e circostanziata, la data - aprile 1960: cosa che di solito non faccio mai: anche perché le mie poesie restano in laboratorio tanto tempo, che in realtà finiscono con l'essere scritte e riscritte varie volte, e la loro data di solito abbraccia un'annata o due di lavoro. […] In questo caso la data l'ho messa bene in vista solo per dare alla poesia una giustificazione politica: volevo cioè ricordare al lettore che aprile non è luglio, che la formazione del governo Tambroni non è la cacciata del governo Tambroni, e che la spocchia dei neofascisti non è la sconfitta dei neofascisti. L'indignazione politica contenuta in questi versi può sembrare un poco pessimista e dolorosa: ma lo credo! Niente, in quel momento in cui li ho scritti - lo scorso aprile - autorizzava ad avere una specifica: la speranza di un sollievo immediato almeno dalla vergogna del "revival" fascista. Se riscrivessi ora sullo stesso argomento non potrei non tenere conto, certamente, del significato di questa estate politica: del fatto cioè che quella mia indignazione, che io credevo ristretta a pochi memori, è invece condivisa da una grande maggioranza di italiani, tra cui soprattutto, i giovani: quelli di Genova, quelli di Reggio, quelli di Roma, quelli di Palermo. Ciò non significa che mi abbandonerei a un facile ottimismo: questo mai. Né credo potrei mai cancellare in me l'impressione che quello che hanno fatto i fascisti e i nazisti nel mondo è stato così disumano, da presentarsi come una piaga di non facile guarigione nel corpo dell'intera umanità. […]” Vie Nuove, 29 ottobre 1960 |